La guerra dei test/2. Giusto valutare i docenti universitari. E gli altri?

A livello universitario, invece, la valutazione dei singoli docenti è una pratica che si va consolidando, e che secondo Boeri va giudicata in modo assolutamente positivo: “Premetto che sono anche io un docente e che mi sottometto periodicamente a valutazioni”, scrive, “ci sono infatti classifiche standardizzate che guardano alle mie pubblicazioni e al modo con cui vengono citate. Esistono poi valutazioni degli studenti che seguono i miei corsi e vengono raccolti dati sugli esiti di questi studenti in altri esami e poi sul mercato del lavoro, valutando poi il valore aggiunto dei miei corsi. Certo qualche volta non posso non avvertire un senso di fastidio nel leggere qualche giudizio negativo di studenti o provare gelosia nel vedere che qualche collega più bravo di me mi precede nei ranking, ma, al contrario di chi mi ha scritto, non mi sento affatto ‘umiliato’ da queste valutazioni. Mi sentirei umiliato, sia come docente che come contribuente, se non ci fossero perché vorrebbe dire che molti miei colleghi possono ricevere uno stipendio rimanendo inattivi senza che nessuno se ne accorga e che ogni mio sforzo per migliorare la qualità della ricerca e della didattica non viene minimamente monitorato e riconosciuto”.

Abbiamo citato con ampiezza questo passaggio dell’articolo di Tito Boeri perché alcune delle motivazioni che lo inducono ad apprezzare il fatto di essere sottoposto a valutazioni plurime in  quanto professore universitario potrebbero valere anche per gli insegnanti della scuola, dove pure esistono casi di docenti ‘inattivi’ e non viene minimamente ‘monitorato e riconosciuto’ lo sforzo di chi si impegna per migliorare la propria attività didattica.

Probabilmente gli indicatori non sarebbero gli stessi, o meglio dovrebbero essere adattati al diverso profilo professionale dei docenti scolastici e al diverso contesto in cui operano. Il problema va comunque studiato e affrontato: non è accettabile che tanti insegnanti di scuola si sentano umiliati per il fatto di essere valutati quando un docente universitario come Tito Boeri (seguito, si spera, da tanti altri) si sente altrettanto umiliato per la ragione opposta, se non viene valutato.