La grande fuga dei migliori

Nei giorni scorsi si è appreso che il 95% dei diplomati della ‘Scuola Galileiana di Studi Superiori del Bo’ (settore scientifico) – il centro d’eccellenza collegato all’università di Padova riservato alle migliori 24 matricole – è intenzionato a proseguire gli studi all’estero.

La notizia ha impressionato, anche se purtroppo non sorpreso, chi da tempo denuncia l’emorragia di intelligenze che caratterizza il nostro Paese, incapace di trattenere e valorizzare i propri migliori laureati. Tante le motivazioni. Tra queste, una è spiegata bene da alcuni neodiplomati: le borse di studio per frequentare un dottorato di ricerca sono all’estero assai più consistenti di quelle offerte in Italia: in alcune università di Parigi, per esempio, ammontano a 1.400 euro al mese, contro i 1.000 offerti dall’università di Padova. Per gli studenti, che in molti casi non risiedono nella città in cui frequentano l’università, la differenza è rilevante.

Sull’argomento è tornato indirettamente anche il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, che nella lectio magistralis tenuta lo scorso venerdì 5 novembre all’università di Ancona in occasione del convegno in ricordo dell’economista Giorgio Fuà, ha messo l’accento sulla necessità di far ripartire sviluppo, ricerca e investimenti puntando sui giovani. Pena la stagnazione (che c’è già da una decina d’anni) e poi il regresso, che colpirà le generazioni future.

Almeno si potrebbe cercare di fermare la grande fuga (non proprio di tipo beethoveniano) delle migliori intelligenze. Tuttoscuola avanza una piccola proposta-tampone per bloccare l’emorragia: portare a 1.500 euro al mese le borse di studio dei migliori laureati che si iscrivono ai dottorati di ricerca italiani, nella certezza che i ricavi per il sistema-Paese saranno di gran lunga superiori ai costi.