La Francia boccia le bocciature? Polemiche antiche e nuove opportunità

Il dibattito in corso in Francia sull’opportunità di abbandonare il tradizionale modello valutativo centrato su conoscenze misurate con prove rigide, a scadenze fisse, fin già dalla scuola primaria, ricorda in parte le discussioni svoltesi in Italia negli anni settanta dello scorso secolo quando i voti furono sostituiti dalle schede di valutazione personalizzate (legge n. 517/1977).

Una parte dei docenti, soprattutto di scuola media, guardò con diffidenza alla novità, considerandola un invito ad abbassare gli standard di prestazione minimi da richiedere agli studenti, un’altra parte si mise con entusiasmo alla guida del movimento innovatore svolgendo una funzione trainante all’interno delle scuole di appartenenza.

Poi in Italia la pratica della valutazione per schede degradò lentamente in una routine burocratica che finì per produrre giudizi sempre più ambigui e diplomatizzati, incomprensibili per gran parte delle famiglie.    

Di qui la richiesta, cavalcata dal centro-destra nel 2008, di tornare ai voti – più ‘comunicativi’ e trasparenti – che però non è stata accompagnata in Italia dalla definizione di standard rigidi (a differenza, per esempio, di quanto fece la Thatcher con il National Curriculum), con la conseguente compresenza di una logica quantitativa orientata alla selezione, come è quella dei voti voluti dalla Gelmini, con una orientativa e tendenzialmente non selettiva come quella che ispira le ‘Indicazioni nazionali’ nelle sue varie configurazioni, da  Bertagna (2003) in avanti.

Di questa contraddizione sembra consapevole l’ex sottosegretario Marco Rossi Doria, che in un articolo pubblicato da ‘La Stampa’ si è chiesto se “non sarebbe meglio strutturare il sistema di conoscenze e competenze richieste per livelli, raggiungibili a scuola o anche dopo la fine della scuola senza dover per forza bocciare”.

Questo vorrebbe dire passare dalla logica degli standard uguali per tutti a quella della certificazione delle competenze individuali effettivamente possedute. Il dibattito in corso in Francia mette in luce la necessità di una scelta chiara tra queste due alternative. Sarebbe bene che anche in Italia maturasse una analoga consapevolezza.