La continuità didattica, questa sconosciuta

La continuità didattica è il presupposto per qualificare il diritto allo studio degli alunni e, in particolare, di quelli con disabilità.

Il principio della continuità didattica ha una valenza ben diversa per gli alunni di una intera classe o per il singolo alunno con disabilità. Infatti, mentre per un’intera classe la perdita della continuità si verifica nel caso, piuttosto raro, del ricambio totale di tutti gli insegnanti da un anno all’altro, per un alunno disabile la non conferma del docente di sostegno rappresenta la perdita totale della continuità didattica, in quanto perde il principale punto di riferimento a scuola.

La continuità didattica per un alunno disabile è spesso fondamentale per superare difficoltà del suo stato e consolidare le relazioni con gli altri. Il ritrovare da un anno all’altro il docente di sostegno che lo ha seguito l’anno precedente, contribuisce a dargli sicurezza e fiducia.

Anche i politici ne sembrano convinti, ma quando dai loro enunciati e dalle posizioni di principio passano – se hanno responsabilità amministrative – alla concretezza degli atti attuativi conseguenti, sfumano le loro decisioni e rinviano le scelte ad altri momenti.

Come già evidenziato in altri studi di Tuttoscuola, la “scuola mobile” è dovuta a due fenomeni: da un lato la possibilità offerta ai docenti di ruolo di richiedere il trasferimento a prescindere dalla compatibilità con le esigenze anche qualitative del servizio offerto agli studenti; dall’altro lo spropositato utilizzo che lo Stato fa di contratti a tempo determinato. Un utilizzo non una tantum, né a carattere straordinario, ma che si ripete ogni anno: l’ininterrotta catena di contratti a tempo determinato che si chiudono e si riaprono settimane o mesi dopo alimenta complicati meccanismi di graduatorie e di assegnazione su decine di migliaia di sedi di servizio contribuendo non poco a generare il marasma organizzativo che caratterizza la scuola italiana.

Semplificando molto (ma spesso ridurre all’essenziale aiuta a inquadrare problemi complessi), una regolamentazione dei trasferimenti compatibile con le esigenze del servizio (e non “a prescindere”) e la stabilizzazione dei posti effettivamente utilizzati nel tempo porterebbero a livelli fisiologici la mobilità dei docenti, con un enorme salto di qualità nel servizio di istruzione offerto dalla scuola alle famiglie.

Quasi sempre le regole sulla mobilità del personale finiscono per portare sull’altare del sacrificio proprio la continuità didattica che confligge con le richieste dei docenti interessati a cercare sedi di servizio più favorevoli.

Da sempre per i docenti di sostegno vige una norma che li vincola a prestare servizio in questo settore per almeno un quinquennio. Tuttavia, la disposizione non obbliga il docente a permanere durante il quinquennio nella stessa sede scolastica, vanificando, pertanto, qualsiasi difesa della continuità didattica.

Per salvaguardare la continuità didattica a favore degli alunni con disabilità occorre, dunque, superare la criticità di quel dispositivo. La recente legge 159/2019 che ha introdotto il vincolo quinquennale di permanenza nella stessa scuola per i docenti che entreranno in ruolo a cominciare dal 2020-2021, estesa, pertanto, anche ai docenti di sostegno assunti in ruolo dal 1° settembre 2020, potrà assicurare la continuità didattica a favore degli alunni disabili che fruiranno del loro sostegno.

Potrebbe essere l’inizio della realizzazione di un principio finora soltanto affermato, ma spesso tradito.

Tutti gli approfondimenti, i numeri e i dettagli saranno nel nuovo dossier di Tuttoscuola sul sostegno, in uscita nei prossimi giorni.