Jus culturae: una legge di civiltà

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Con l’espressione ‘jus culturae’, sulla quale qualche purista del latino avrebbe serie obiezioni (sembra più la latinizzazione del moderno concetto di cultura che una citazione dal latino classico, nel cui contesto significherebbe più o meno ‘diritto della coltivazione’…) si intende il diritto di chiedere la cittadinanza italiana per via scolastica riconosciuto:

  1. a) ai minori stranieri nati in Italia – o arrivati entro i 12 anni – che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (cioè la scuola primaria o quella secondaria di primo grado), e
  2. b) ai minori nati all’estero ma che siano arrivati in Italia fra i 12 e i 18 anni, vi abbiano abitato per almeno sei anni e abbiano superato un ciclo scolastico.

Lo prevede la legge, già approvata dalla Camera due anni fa e ora in retta d’arrivo al Senato (sono scaduti i termini per gli emendamenti), che definisce in termini generali lo ‘jus soli’, cioè il diritto di acquisire la cittadinanza italiana, a determinate condizioni (si parla infatti di ‘jus soli temperato’), per i bambini stranieri nati in Italia, e considera l’istruzione come la via maestra per ottenerla.

Si tratta a nostro avviso di una legge di civiltà, che avrebbe dovuto ottenere un consenso politico e parlamentare ben più ampio anche perché, come sa chi conosce la scuola italiana, i minori stranieri che vi approdano (compresi quelli più grandicelli) si integrano in genere con grande facilità con i compagni italiani, e quasi sempre si identificano con la lingua, i costumi e le regole della nostra comunità nazionale. 

E invece la discussione nell’aula del Senato si è svolta giovedì scorso in un clima arroventato (forse anche a causa dell’imminenza del ballottaggio nelle elezioni amministrative), con scontri anche fisici e un indecoroso parapiglia che ha anche provocato un infortunio alla ministra Fedeli, alla quale va tutta la nostra solidarietà.

Subito dopo il ballottaggio delle amministrative, comunque, il Senato approverà in via definitiva la nuova legge. Meglio tardi che mai. Ma quanto è avvenuto merita qualche riflessione più approfondita.