Istruzione tecnica/3. Uno storico dilemma

L’istruzione tecnica agli inizi degli anni novanta dello scorso secolo aveva il 45% degli iscritti alla scuola secondaria superiore. Da allora ha perso oltre 400.000 studenti, con una diminuzione che l’ha fatta scendere al 33,7% nel 2014-15.

Questi dati sono stati al centro del convegno promosso la scorsa settimana a Milano dalla Associazione Treellle e dalla Fondazione Rocca, che hanno presentato il rapporto, realizzato congiuntamente, “Innovare l’istruzione tecnica secondaria e terziaria”. Una occasione per discutere su come superare la crisi degli istituti tecnici e la mancanza di un forte sistema di istruzione tecnica superiore, fattori che rischiano di condannare l’Italia al declino anche nel settore manifatturiero, dove pure il nostro Paese ha occupato finora una posizione importante, seconda soltanto a quella della Germania.

Un problema certamente non nuovo, che avrebbe richiesto di scegliere, a suo tempo, tra due strade alternative: quella del recupero e del consolidamento del carattere professionalizzante di questo tipo di studi (ipotesi per alcuni aspetti coltivata dalla relativa Direzione generale di allora tramite i ‘progetti assistiti’, ma mai coerentemente sviluppata), oppure quella della despecializzazione dell’istruzione tecnica e dell’avvio di un organico sistema di istruzione tecnica superiore parallelo a quello universitario (ipotesi implicita nel progetto iniziale dalla commissione Brocca, 1988-90).

Per le note ragioni di fragilità degli assetti politici della prima Repubblica non è stata presa però alcuna decisione, né in un senso né nell’altro, e l’istruzione tecnica ha finito per perdere forza e identità. Potrebbe forse riprendersi se si riaprisse una seria prospettiva di sbocco formativo (e lavorativo) a livello postsecondario per i ragazzi che dopo la terza media devono decidere se iscriversi agli istituti tecnici: qualcosa di paragonabile al modello tedesco.

Anche nel Quaderno presentato a Milano viene indicata questa prospettiva, ma non a breve termine: “Prevedere nel medio-lungo periodo la nascita di un canale terziario professionalizzante alternativo e distinto dall’Università (come prima ipotesi potrebbe chiamarsi Alta Scuola di Tecnologia) che offra lauree triennali sul modello delle SUP svizzere e delle Fachochschulen tedesche”.

È probabilmente quell’accenno al “medio-lungo periodo” ad aver indotto Romani Prodi, presente a sorpresa alla presentazione della ricerca, a prendere la parola per un breve, incisivo richiamo alla necessità di rompere gli indugi e di andare subito in quella direzione.