Istituti professionali: orari a fisarmonica

Non c’è pace per gli istituti professionali e i loro insegnanti. Il governo ha spazzato via i timori di regionalizzazione provocati dalla riforma Moratti riportando, accanto agli istituti tecnici, anche quelli professionali all’interno del sistema di istruzione. Ne ha però ridotto gli orari del 10% (4 ore su 40 settimanali) con il chiaro intento – dichiarato nella relazione alla Finanziaria 2007 – di risparmiare la corrispondente aliquota di ore lavorate, cioè di insegnanti.
Per la verità l’obiettivo indicato nella Finanziaria era quello di perseguire “il miglioramento dell’efficienza ed efficacia degli attuali ordinamenti dell’istruzione professionale anche attraverso la riduzione, a decorrere dall’anno scolastico 2007/2008, dei carichi orari settimanali delle lezioni“, ma quando si è trattato di stabilire su quali discipline sarebbe caduta la mannaia della riduzione sono cominciate a circolare ipotesi che finivano per toccare in modo consistente l’area comune (lettere, matematica, scienze) da una parte, e i laboratori di indirizzo dall’altra. Cioè, secondo molti, proprio quelle attività di insegnamento e apprendimento che meglio si prestavano a migliorare l’efficacia di questo tipo di studi, misurabile soprattutto in termini di contenimento della dispersione scolastica.
Come conciliare dunque la riduzione delle ore e dei costi con il miglioramento della qualità dei risultati? Chi pagherà il conto, in questa partita a tira e molla tra organico di diritto e di fatto, tra tagli all’area comune e tagli alle materie professionali? L’ipotesi sulla quale si sta lavorando è quella di ridurre il carico disciplinare a 34 ore (come nel modello sperimentale “Progetto 2002”), ma mantenendo un organico di diritto corrispondente a 36 ore (o addirittura a 38, come chiede la Flc-Cgil) per poter svolgere attività di integrazione e supporto anti-dispersione. Una soluzione di compromesso, che limita i tagli, ma anche i risparmi…