Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Inclusione scolastica, e se partissimo dalla didattica?

Nelle ultime settimane abbiamo ascoltato tante storie di cattiva scuola, che hanno scosso coscienze e provocato indignazione. Il filo rosso che lega queste cattive prassi è la poca, o nessuna, cura nel promuovere l’inclusione scolastica.

A Treviso la famiglia di un bambino con autismo ha denunciato che il piccolo è stato punito dopo aver avuto una crisi. Ciò che colpisce di questa storia è un commento che sottolinea che “La professoressa coinvolta nella vicenda quel giorno si limitava a sostituire un’altra collega. 

In molte parti di Italia le associazioni di settore hanno denunciato il ridimensionamento dei servizi, e quindi delle attenzioni, nel settore dell’istruzione. In Abruzzo, ad esempio, una recente circolare regionale (82478/16DPG010)  ha annunciato che il servizio di trasporto per gli studenti con disabilità sarà ridimensionato.

Per concludere questa triste carrellata di mala scuola, condividiamo la notizia che ha visto come protagonista i genitori dei compagni di classe di un bambino con autismo, a Palermo. Questi, stanchi del comportamento “bizzarro” del bambino hanno deciso di non mandare a scuola i loro figli. Una classe vuota è un messaggio di una violenza incontenibile.

Cosa accomuna queste brutte storie? Quale i punti di contatti con le migliaia “cattive prassi” che genitori e famigliari di alunni con disabilità denunciano quotidianamente?

Disattenzione, improvvisazione, scarsa programmazione e mancanza di un’ottica condivisa e competente. Sono questi gli ingredienti della cattiva inclusione scolastica, così diffusa del nostro Paese. 

Il vero problema è che quando queste storie vengono alla ribalta, è già troppo tardi. Possiamo leggerle come spie di una cattiva qualità dell’accoglienza e della programmazione didattica.

E’ forse proprio la progettazione didattica la chiave di volta per leggere e, per quanto possibile, affrontare il tema dell’integrazione scolastica. Proviamo insieme a riflettere su tre elementi, che rendono la scuola, veramente buona.

Progettare

La normativa prevede alunni strumenti per la progettazione delle attività per gli alunni con disabilità. Tra die ssi ricordiamo il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato (PEI). Questo documento dovrebbe prevedere gli obiettivi a breve,medio e lungo termine. Purtroppo frequentemente gli insegnanti utilizzano modelli prestampati, tant’è che se proverete a scrivere “Piano Educativo Individualizzato” su Google noterete che in automatico comparirà la scritta: “Piano Educativo Individualizzato compilato“. La mancanza di una linea progettuale condivisa con la famiglia rende sempre più difficile un lavoro su misura.

Individualizzare

Con il termine individualizzazione si intende la capacità degli insegnanti di progettare obiettivi su misura delle capacità degli alunni (Fiorin, Scuola accogliente, scuola competente, La Scuola, 2014). Saper progettare percorsi di individualizzazione, significa conoscere profondamente ogni alunno. Anche la relazione Falcucci, nel 1974 sosteneva che la frequenza di scuole comuni da parte di bambini handicappati non implica il raggiungimento di mete culturali minime comuniIl gergo dell’epoca non deve distoglierci dalla portata rivoluzionaria del messaggio didattico. 

Il documento che ha aperto le porte agli alunni con disabilità sostiene un messaggio molto attuale: per stare nella stessa classe non bisogna raggiungere tutti gli stessi obiettivi. E’ necessario che il docente sappia prevedere percorsi ad personam non solo nei casi di bambini con disabilità. Sembra difficile, con classi numerose e con sempre meno tempo a disposizione, è vero. Le tante “buone pratiche” documentate e condivise, però dimostrano che si può fare. E’ necessario però uscire dall’improvvisazione, progettare e individualizzare attività formative di qualità.

Condividere

I compagni di classe possono essere una grande risorsa per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. E’ necessario però che ci sia l’intenzione da parte degli adulti di accompagnare e far conoscere veramente le caratteristiche dell’alunno. Bisogna evitare di sminuire le difficoltà del compagno e presentare un quadro completo di punti di forza e debolezza. Gli alunni, anche se piccoli, sono in grado di comprendere come aiutare e sostenere il proprio compagno con disabilità. E’ necessario guidarli e accompagnarli all’interno del piano di realtà e verità. E’ possibile invitare i genitori del bambino con disabilità, un operatore specializzato, qualcuno che lo conosce bene. In questo modo, con chiarezza e sincerità, sarà presentato il bambino e saranno fornite precise indicazioni su come relazionarsi con lui.

L’integrazione scolastica non è mai un processo semplice o immediato. Serve accoglienza e competenza, come sostiene Italo Fiorin. Serve la progettazione, l’individualizzazione e la capacità di condividere con i propri alunni aspettative e richieste. Quando questo no navviene prevale una dimensione di delega è l’alunno con disabilità diventa l’alunno dell’insegnante di sostegno. A questo punto è troppo tardi per intervenire e la scuola, pericolosamente, diventa un incubo.

Gli alunni sono la più grande forza della scuola. L’adulto deve ricordarsi di coinvolgerli e metterli alc entro dell’azione formativa.

Come vedono i bambini la diversità? Di seguito un breve video che ci mostra la forza e la freschezza dei bambini.

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