Il tempo pieno avanza più nelle domanda delle famiglie che nell’attivazione del servizio

Il tempo pieno della scuola elementare-primaria quasi certamente, come ormai avviene da molti anni, dovrebbe fare qualche ulteriore passo avanti anche nelle nuove prime classi che escono dalle iscrizioni scolastiche per il prossimo anno scolastico.

Anche in questo caso non si conoscono ancora dati in merito, ma, come abbiamo riferito nei precedenti, articoli tra modelli di domanda alternativi a quelli ufficiali e suggerimenti esterni per una scelta preferenziale per il tempo pieno, dovrebbero essere molte le richieste avanzate dalle famiglie per il modello orario di 40 ore settimanali.

A differenza degli altri modelli orari possibili, quello del tempo pieno a 40 ore ha davanti a sé alcuni ostacoli non di poco conto. Ammesso (e non pienamente concesso) che vi siano i posti di organico per attivare nuove classi a tempo pieno, occorrono necessariamente alcune condizioni strutturali per attivarlo. Il Comune deve prima di tutto adattare o costruire nuovi spazi per accogliere le attività didattiche, ivi compreso quello del locale da adibire a refezione scolastica (secondo i requisiti igienico-sanitari richiesti). Dopo avere assicurato l’agibilità e la funzionalità dei locali, lo stesso Comune dovrà assicurare il servizio di mensa.

Tutte queste condizioni non si improvvisano da un giorno all’altro sulla base della semplice richiesta delle famiglie, tanto è vero che per l’espansione del tempo pieno – che lo stesso ministro Gelmini ha dichiarato di volere – è previsto quanto prima un confronto con le rappresentanze dei Comuni per definire le linee di un piano pluriennale di diffusione del servizio.

Nell’immediato saranno molte le famiglie deluse dal mancato accoglimento delle domande di tempo pieno, nonostante che nella circolare sulle iscrizioni fosse stato precisato chiaramente che dovevano sussistere le condizioni strutturali per la costituzione di quel servizio. I delusi non se la prenderanno però con chi li ha incitati a farlo né con il Comune, ma con la scuola che è stata costretta al no.