Il primo giorno di scuola

Ogni anno l’inizio della scuola è celebrato con la dovuta solennità alla presenza del Presidente della Repubblica e in questa occasione in una zona dell’Italia che combatte contro le calamità naturali. L’istruzione è uno dei diritti fondamentali indicati dalla Costituzione per tutti i giovani e la presenza della massima autorità che rappresenta l’unità nazionale ne è una garanzia. La qualità del nostro sistema tuttavia è molto diversa nei territori e nelle condizioni economiche e culturali delle nostre famiglie. Mandare i ragazzi a scuola vorrebbe poter dire che gli ostacoli che si frappongono alla parità tra i cittadini è raggiunta, mentre sappiamo che così non è, la disequità sociale permane e l’abbandono è ancora troppo alto, senza che sia segnato un efficace orientamento e la transizione verso il mondo del lavoro.

Non parliamo poi delle zone colpite da calamità naturali, dove oltre alla ricostruzione delle strutture la scuola dovrebbe contribuire a ricostruire le comunità, mentre assistiamo ad un progressivo spopolamento che distrugge le relazioni sociali oltre alle economie dei territori.

Unità nazionale e coesione sociale, due elementi che sono richiamati dalla simbologia del primo giorno di scuola, ce n’è bisogno soprattutto in quest’ultimo periodo fatto di egoismi rivendicativi e di tentativi di separare il Paese in zone sviluppate e arretrate. Sussidiarietà e solidarietà sono i principi che il Presidente Mattarella ha più volte richiamato, che devono però essere accompagnati da efficienza e responsabilità, a partire dalle autonomie scolastiche e territoriali, requisiti che una scuola centralistica e governata dal ministero non è più in grado di garantire a cominciare dall’immobilismo della stessa amministrazione.

Ma c’è un altro primo giorno da segnalare, quello dell’insediamento del nuovo ministro dell’istruzione, della vice e di due sottosegretari. Un avvenimento da libro Cuore se si leggono le dichiarazioni di alcuni di loro. Promesse rituali che evocano un bel passato scolastico, forse perché fa parte dei ricordi giovanili, che però non deve stupire se soprattutto i docenti esprimono riserve trovandosi in una situazione che mai come adesso vede una situazione di scollamento che i nuovi responsabili farebbero bene, passato il primo momento di euforia, ad assumere in fretta, proprio per consentire all’anno scolastico di partire.

La situazione dei precari e dei supplenti è molto pesante soprattutto nelle scuole del nord che risentono meno del decremento demografico e chiedono più tempo scuola. I dirigenti scolastici che si spera non siano più soggetti ad eventuali revisioni giudiziarie sono ancora in reggenza: insomma il numero dei posti è sempre maggiore rispetto ai nominati, ma gli investimenti per ampliare gli organici non ci sono, anzi il precedente governo nel DEF aveva ridotto i finanziamenti nei prossimi due anni proprio per l’effetto diminuzione degli studenti (esattamente il contrario di quello che propone il recente Report di Tuttoscuola fornendo numerose e circostanziate motivazioni). Facciamo tanti auguri al nuovo ministro per la prossima legge di bilancio, che vengano ascoltate le sue richieste/minacce, sia per la scuola che per l’università.

Entrando nelle aule non si trovano più le maestre idealizzate dalla nostra sottosegretaria, ma quelle stressate dalle difficoltà di relazione con classi troppo numerose per poter seguire i bambini dell’era tecnologica, i genitori che cercano di scaricare sulla scuola le loro difficoltà educative, una società che non le considera ed uno stato che non le retribuisce adeguatamente. L’Europa è un’opportunità anche per un confronto in tempo reale. Il reclutamento oltre che sul possesso di contenuti culturali e sulle metodologie didattiche deve vertere anche sull’orientamento professionale e l’idoneità psicologica.

Sono interessanti le dichiarazioni del nuovo ministro, ma non nuovo dell’ambiente, in quanto aveva ricoperto la carica di vice nel governo precedente e quindi profondo conoscitore dell’amministrazione ed anche delle tante iniziative annunciate e lasciate in sospeso dal suo predecessore. Oltre all’auspicata integrazione tra scuola, università e ricerca, attualmente separate in casa, si vorrebbe che al ministero si respirasse un’aria allegra, forse perché è consapevole di una realtà piuttosto depressa ma soprattutto immobile rispetto  ad una urgente  riorganizzazione dell’amministrazione centrale  del Miur che blocca la nomina dei responsabili  di alcuni  uffici scolastici regionali senza titolari da alcuni mesi. E’ noto che le strutture decentrate del MIUR navigano da tempo nell’incertezza e che anche in questi mesi alcune regioni hanno chiesto di subentrare nell’esercizio di alcune funzioni. Bisogna comunque scegliere tra centralismo e autonomia, perché un governo che vuole mantenere il potere al centro si dimostra inadeguato, mentre mutando le funzioni occorrerebbe reindirizzare tutto l’apparato.