Il nichilismo che svuota la vita dei giovani/1. Colpa della scuola?

Una serie di episodi di violenza inaudita, da Colleferro a Caivano, di cui si sono resi responsabili giovani poco più che ventenni, ha indotto un giornalista acuto e riflessivo come Antonio Polito a chiedersi in una analisi pubblicata sul Corriere della Sera se in questa deriva “nichilista”, come l’ha definita, si debba ravvisare una falla, se non il fallimento, del nostro sistema educativo (“Quel ‘nulla’ che svuota la vita di tanti giovani”, 17 settembre). Nel cui “degrado progressivo” andrebbe individuata una “radice del male” di cui si è occupata la cronaca nera proprio in coincidenza simbolica con la riapertura delle scuole.

In realtà, a nostro avviso, il degrado del sistema educativo (non solo in Italia) è parte di un più ampio fenomeno che investe le società contemporanee.

In un profetico libro scritto nel 1963, Verso una società senza padre (tradotto in italiano da Feltrinelli nel 1970), lo psicologo tedesco Alexander Mitscherlich aveva previsto che il superamento della famiglia patriarcale, inevitabile conseguenza dell’industrializzazione, dell’urbanizzazione e del progresso tecnologico, avrebbe messo in crisi l’autorità del padre (inteso come capofamiglia, uomo o donna che fosse), e con essa anche quella dell’insegnante, che in qualche modo gli subentrava nella funzione di punto di riferimento e decisore ultimo di ciò che si può o non si può fare. E per questo ammoniva sull’importanza della dimensione socio-affettiva dell’insegnamento, troppo concentrato sugli obiettivi di apprendimento disciplinari.

Certo lo studioso tedesco, morto nel 1982, non poteva tener conto degli ulteriori effetti di rivoluzione quasi copernicana del rapporto genitori-figli provocati dalle nuove tecnologie, ma se li avesse conosciuti vi avrebbe sicuramente visto una conferma del suo modello interpretativo delle tendenze evolutive della società contemporanea. È la fonte del principio di autorità ad essere in crisi, la figura paterna/materna, che per varie ragioni non è più in condizione di costruire nel bambino e nei giovani i presupposti del rispetto dell’autorità: né della loro né di quella degli insegnanti. Da questo punto di vista la responsabilità dei genitori è probabilmente maggiore di quella della scuola e degli insegnanti.

L’istituzione scuola, compresa la scuola di massa, almeno fino al 1968 nei Paesi occidentali a ordinamento liberal-democratico, è stata costruita sul modello della famiglia patriarcale, con un chiaro rapporto asimmetrico tra chi comanda (genitori, insegnanti, il mitico ‘preside’ prima che perdesse anch’esso di prestigio e di autorità diventando ‘dirigente scolastico’) e chi obbedisce, o comunque rispetta le regole. Un modello top-down che non è più in sintonia con le tendenze emergenti nel comportamento sia dei genitori (assai più permissivi) sia dei figli, i quali hanno bisogno di molta più autonomia e motivazione di quanta ne fosse necessaria in passato. Che può fare la scuola dunque, in presenza di una tendenza dei comportamenti collettivi che è difficile non considerare irreversibile?

 

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