I docenti e la DAD: non SE farla ma COME farla

Con le attività didattiche sospese e i docenti a casa da diverse settimane, l’insegnamento non può che avvenire con la didattica a distanza, nei modi e con gli strumenti possibili a disposizione.

C’è chi ha richiamato il principio della libertà d’insegnamento, un valore garantito dalla Costituzione: ai tempi del coronavirus, non può voler dire libertà di decidere se insegnare o meno con la didattica a distanza, bensì significa diritto di scegliere le modalità di esercitarla.

Sembra ovvio e di buon senso (e infatti la stragrande maggioranza degli insegnanti non ha avuto alcun bisogno di farselo dire, anzi si è messa a lavoro affrontando questa nuova sfida con l’aggiunta della consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo per gli studenti ancor più fondamentale in un momento così delicato), anche se qualche sindacato di base nei giorni scorsi si è spinto ad affermare che la DAD non è prevista dal CCNL e, pertanto, non è obbligatoria.

Bisogna ricordare che TUTTI gli insegnanti in servizio sono regolarmente retribuiti – per fortuna senza pericolo di cassa integrazione, come sta capitando invece a milioni di lavoratori del settore privato oppure senza incassi se lavoratori autonomi. Ne consegue che la questione non è se esercitare l’insegnamento ma piuttosto come esercitarlo.

Un richiamo non necessario per la quasi totalità dell’universo scolastico, ma ancora utile per qualcuno.

Facciamo un esempio (non certo l’unico). In un istituto comprensivo romano la dirigente – forse con un eccesso di zelo democratico – ha inviato un questionario ai docenti chiedendo un parere sull’attivazione della didattica a distanza.

La maggioranza o una quantità considerevole dei docenti della scuola secondaria di I grado dell’istituto (non si sa quanti) ha espresso parere contrario (forse sarebbe stato meglio parlare di difficoltà a svolgere la DAD, ma invece avrebbe detto no tout court).

La dirigente è stata costretta ad inviare ai genitori degli alunni della secondaria di I grado un comunicato sulle modalità residue di DAD che inizia così: “Si informano le famiglie che i docenti della Scuola Secondaria di I grado si sono espressi, tramite questionario, con parere contrario alla attivazione delle lezioni on-line. Pur tenendo presente tale esito la Scuola ha deciso comunque di attivare le lezioni on-line per i docenti che si sono espressi con parere favorevole e che le realizzano ogni qual volta lo riterranno opportuno per lo svolgimento delle proprie lezioni.

Si pubblicherà l’articolazione oraria delle classi con tutte le materie …

Insomma, una DAD soggettiva, per chi vuole, un “così è se vi pare” di ispirazione pirandelliana. Che cozza con la nuova normativa. Recita infatti il
DPCM del 4 marzo 2020: “I dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza (…)” (art. 1, comma 1, lett. g). Non dice “possono attivare”, per intendersi.

Non sappiamo se il monitoraggio attivato dal ministero sarà in grado di intercettare e quantificare la contrarietà di docenti ad attivare la DAD e, conseguentemente, quante scuole non svolgono alcuna didattica a distanza.

Per il momento ci basta questo caso romano per esprimere alcune considerazioni, sperando che nel resto d’Italia non abbia altri seguaci. Ma forse, purtroppo, non sarà così.

Ci chiediamo e chiediamo: il non insegnamento a distanza si può considerare interruzione di pubblico servizio? Gli estremi possono esserci, ma probabilmente nessuna istituzione avrà il coraggio di affermarlo per non trovarsi impelagata in quei contenziosi giudiziari che non sono contagiati da alcun coronavirus.

Altra domanda: ma quei docenti che non stanno insegnando, invocando il diritto costituzionale della libertà di insegnamento – forse con il beneplacito di qualche sindacato di base un po’ fuori dalla realtà del momento – vengono regolarmente retribuiti, senza decurtazione alcuna per il servizio non prestato? Oppure verranno loro detratte le ferie?

Se vengono regolarmente retribuiti, potrebbe esserci la responsabilità della dirigente per danno erariale? Domande scomode, ma c’è un modo per poterle considerare inutili: unirsi alla moltitudine di colleghi che con spirito di servizio e responsabilità si impegnano ogni giorno per essere vicini ai propri alunni, tenere viva la relazione, evitando che perdano ore di lezione e con esse quell’invisibile e vitale legame con la comunità scolastica.