Gli errori ortografici, il jazz e il genio di Maradona

L’articolo Da dove viene il deficit ortografico delle matricole universitarie di oggi? ha suscitato i commenti del lettore Paolo Francini, il cui intervento volentieri ospitiamo. Invitiamo gli altri lettori a discutere sul tema, scrivendoci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.
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Interessante l’articolo riguardante i deficit ortografici.

In realtà, molte denunce riferiscono difficoltà non solo grammaticali, ma anche di ragionamento consequenziale e di comprensione dei testi.

Varie ipotesi possono essere fatte.

1. Può darsi che il fenomeno sia sovrastimato, rispetto al passato. I dati disponibili e le comparazioni possibili, complessive, non impressionistiche, che possiamo effettuare sono pochissime. E’ possibile che le carenze individuate siano in parte enfatizzate, può darsi che tali carenze esistessero già da anni e che solo adesso vengono poste in evidenza, soprattutto per il diffondersi di metodi di rilevazione su larga scala in merito alla situazione degli studenti in ingresso nelle università.

2. Può darsi che si stia affacciando all’università, insieme a studenti per così dire “familiari”, anche una quota di studenti che in precedenza non vi sarebbero giunti, forse neppure al diploma: studenti che ora vengono invece promossi (se così fosse, vorrebbe dire che l’incremento avutosi dei diplomati sarebbe dovuto essenzialmente all’abbassamento dei livelli richiesti per l’ottenimento del titolo di studio, piuttosto che ad uno sforzo per elevare gli apprendimenti).

3. Può darsi che la coesistenza di più maestri nella stessa scolaresca abbia in parte avuto l’effetto di attenuare la “presa in carico” verso gli studenti, rendere più opaca la dettagliata conoscenza circa l’evoluzione dei singoli alunni, segmentandone gli apprendimenti e finendo col lasciare scoperti nuclei rilevanti.

4. Può darsi che la moltiplicazione delle discipline e degli insegnanti fin dai primi anni di scuola abbia finito per sviare l’attenzione dalle attività più di base (talvolta ripetitive) per andare a disperdersi su temi più variegati, più slegati, ma anche più effimeri, meno formativi, più facili da dimenticare in assenza di robusti fili conduttori.

5. Può darsi che i nuovi percorsi di reclutamento di maestri elementari (laurea in scienza della formazione primaria, reclutamento da graduatoria e non più da concorso) si stiano rivelando in realtà peggiori dei vecchi (semplice concorso magistrale a cadenza biennale). Questo però potrà casomai influire più nell’avvenire che nel passato quindicennio.

6. Può darsi che le acquisizioni linguistiche di base avvengano correttamente nella scuola primaria, ma siano in seguito disperse nella scuola media. Questo è in parte suggerito dai diversi esiti dei test PIRLS (4° elementare) e PISA (1° superiore). Si noti che anche nel PISA le risposte dei giovani italiani alle domande nella parte bassa della scala di difficoltà (competenze di base) risultano nel complesso migliori della media generale, ma via via che la difficoltà sale i risultati degli italiani peggiorano. Questo è coerente con il quadro di un più efficace apprendimento degli elementi di base nella prima fase di scolarità, non seguito da un rafforzamento e da adeguati apprendimenti più complessi elle fasi successive.

7. Può darsi che le ragioni del fenomeno siano in parte esogene. Che, in generale, si stia affermando una disabitudine al testo scritto in generale e al ragionamento complesso (i ragionamenti da talk show sono estremamente brevi, la loro esposizione dura pochi secondi, prevede solo frasi assertive, prive di premesse articolate o ipotesi subordinate; si tratta sempre di catene con pochissimi anelli).

Si possono trovare queste o altre spiegazioni ancora.

In ogni caso, mi appare tuttavia fuorviante contrapporre gli apprendimenti formali, da un lato, a “originalità, pensiero divergente, creatività, espressività“, dall’altro. Quasi vi fosse conflitto insanabile. C’è una dualità, ma non un conflitto, tra questi aspetti. Nel jazz si improvvisa solo se la padronanza tecnica è saldissima. La creatività non è buttar fuori note a caso, senza un nesso. E così in ogni campo, per esempio lo sport: Maradona, il calciatore più creativo mai visto, era al contempo in possesso di una tecnica formidabile, senza la quale la sua creatività sarebbe rimasta a livello di pura velleità, non avrebbe potuto realizzare nessuno dei suoi capolavori. L’idea che si possa essere creativi ignorando e sostituendo le tecniche con l’espressività estemporanea, e che viceversa, la conoscenza tecnica non possa che condurre ad accademismi privi di originalità, è un profondo equivoco educativo. E’ possibile che anche questo equivoco, questa erronea contrapposizione, possa avere a sua volta portato un contributo di segno negativo.

Con cordialità,
Paolo Francini

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