Giannini: la mia rivoluzione per l’istruzione

Un anno fa, in occasione della campagna elettorale da cui sarebbe uscita eletta come senatrice, Stefania Giannini, neo ministro dell’istruzione nel governo Renzi, dichiarava:

“Nessuna forza politica ha mai indicato sinora cultura, istruzione e ricerca come priorità della propria agenda politica, non nel nostro Paese.

Curioso, anzi paradossale, ma vero.

Sono temi che scompaiono in fretta dai dibattiti e dai programmi, non appena si passa dalla teoria alla prassi, soprattutto quella elettorale.

Ma noi siamo qui per ribaltare un paradigma culturale e per inaugurare una nuova stagione politica, proponendo un nuovo modello politico, fatto di persone, contenuti e metodi diversi, discontinui rispetto al passato.

Noi siamo qui anche per cercare di correggere le due gravi imperfezioni del ‘secondo ventennio’ della storia repubblicana: la tirannia del breve termine e l’angustia del provincialismo.

Noi, pertanto, mettiamo cultura, istruzione e ricerca al centro dell’agenda politica della Terza Repubblica.

E nel farlo, siamo ben consapevoli che in tali ambiti non si potrà restare prigionieri del presente e dei confini nazionali, perché si resterebbe fuori dalla storia, da una storia europea e internazionale, che chiede visione e non perdona l’isolamento, a nessun livello.

Noi crediamo che Cultura e Istruzione siano parte integrante dello sviluppo umano e civile di ciascun cittadino e che concorrano in maniera decisiva alla crescita, anche economica, della comunità.

Purché si assegni a questi temi un ruolo centrale e non periferico, purché se ne riaffermi il carattere popolare e non elitario, purché ci si liberi di un modello assistenzialista e si impieghino strumenti e metodi per generare occupazione e reddito.

Il progetto è potente e ambizioso e consapevolmente fondato su un principio altrettanto rivoluzionario: il principio che non è la posizione che garantisce la competenza, ma la competenza che legittima la posizione.

Veniamo da una lunga stagione in cui la tutela della posizione, in tutti i campi e in tutti i sensi, è stata linea-guida nel Paese.

Ciò ha generato un Paese statico, bloccato, con conseguenze devastanti per giovani e adulti, per chi dovrebbe entrare e per chi vorrebbe uscire dal mondo del lavoro. E anche per chi vorrebbe alimentarlo con l’entusiasmo dell’impegno quotidiano e ne resta deluso.

Introdurre e applicare con coerenza questo principio in tutti quei luoghi in cui la conoscenza serve a formare le coscienze, in quel percorso fondamentale per la vita di ciascuno che va dalla scuola all’università, o alla formazione professionale, significa scegliere la cultura del merito e generare dinamismo. E ne abbiamo un bisogno drammatico.

Le conseguenze non sono petizioni di principio. Sono scelte concrete, di strategia e di metodo.