Milena Santerini: ‘Ok mobilità, ma mai trascurare continuità didattica’

Questo è stato un anno nero per la continuità didattica, milioni di studenti hanno dovuto cambiare continuamente insegnante. Un balletto, messo in evidenza con dati e analisi dal dossier di Tuttoscuola, “Mobilità 2017 – Il grande caos, atto secondo: e agli studenti chi ci pensa?“, che va a influire non solo sul rendimento scolastico dei ragazzi, ma peggio anche sulla dispersione scolastica. Abbiamo portato l’attenzione sul tema della discontinuità didattica, tanto che le reazioni del mondo della politica non hanno tardato ad arrivare. Abbiamo chiesto un parere all’on. Milena Santerini, deputata alla Camera nella XVII Legislatura nel gruppo Per l’Italia e docente alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del S.Cuore di Milano. 

Onorevole Santerini, il nostro dossier, rilanciato anche dal Corriere della sera e da numerosi media, denuncia il valzer delle cattedre. Due milioni e mezzo di studenti hanno cambiato professore a discapito della continuità didattica evidentemente penalizzata da questo caos…
Spero che la nuova ministra riesca a tenere l’equilibro sul punto della mobilità. Questa deve essere consentita purché non si arrivi ad aspetti così estremi che caratterizzano solo il nostro Paese. Solo noi abbiamo un tale balletto di cattedre. Tuttoscuola ha messo molto bene in evidenza un fatto oggettivo, ovvero che i posti sono di più al Nord e le domande di più al Sud, soprattutto di donne di una certa età e che quindi hanno più problemi a spostarsi. Il mio commento è quindi molto positivo, anche perché con Tuttoscuola ho sempre affermato una necessità: il taglio delle riforme deve ripartire mettendo al centro gli studenti e non le politiche del personale. Le politiche del personale vanno fatte avendo come obiettivo la riduzione della dispersione scolastica”.

Insomma, i numeri indicano che gli effetti della legge sulla Buona Scuola sono stati differenti da quelli immaginati?
Il problema viene da prima, da decenni di politiche indulgenti verso la possibilità di spostarsi o meno. Non abbiamo dato un trattamento economico adeguato ai nostri insegnanti rispetto al resto d’Europa e non abbiamo progressioni di carriera (e devo dire che anche l’aspetto della valutazione degli insegnanti, non ha dato buoni risultati). L’unico vantaggio che gli insegnanti in pratica possono avere è quello di una sede idonea alle loro aspettative. Si è pensato quindi, anziché a favorire la continuità didattica, di permettere la possibilità di avere una sede vicino casa, o comunque più idonea. Bisognerebbe invece perseguire con più costanza l’obiettivo del benessere dello studente. La mobilità deve essere garantita, ma senza trascurare la continuità didattica”.

Lei prima ha citato il ministro Fedeli la quale ha anche anticipato che solo per quest’anno non ci sarà il vincolo di permanenza triennale sulla stessa cattedra. Lei concorda?
Io spero che sia veramente un’eccezione quest’anno e che poi si continui a tener duro sul fatto che ci voglia una continuità didattica. Adesso parlo da pedagogista: abbiamo tutte le ricerche che dicono che il successo scolastico non è dato tanto dall’istituto, né dal clima della classe quanto dal rapporto con l’insegnante. Abbiamo quindi bisogno di insegnanti che, per il bene degli studenti, svolgano un lavoro coerente e continuativo nel loro stesso interesse professionale. Anche perché un insegnate costretto a questo balletto è penalizzato“.

Lei ha in mente delle misure concrete da proporre?
Fornire maggiori investimenti nella scuola al Sud. Vorrei poi una maggiore coerenza nel piano di formazione degli insegnanti. La Buona Scuola ha ottenuto un grande obiettivo che è quello di aver riportato l’obbligo della formazione degli insegnanti. Noi dovremmo pensare effettivamente a una formazione che permetta agli insegnanti di affrontare il tema dell’insuccesso scolastico e della dispersione. Bene le scuole aperte, bene anche – perché no – il potenziamento dell’organico e una maggiore attenzione alla distribuzione territoriale. Aggiungo che c’è anche il problema degli alunni stranieri. Non vedrei male in questo senso un maggiore investimento sia in termini di formazione che di tutoring e quantità di insegnanti che possono occuparsene“.

Nel quadro che ha descritto, che ruolo hanno avuto i sindacati?
Luci e ombre. Stiamo parlando, come dice il vostro dossier e come vi ha ripreso il Corriere della Sera, di donne di una certa età che hanno famiglia e quindi oggettivi problemi di mobilità. Detto ciò, difendere esclusivamente il personale scolastico dimenticando che il futuro del nostro Paese dipende dalla formazione e dalla qualità dell’istruzione dei nostri ragazzi è molto miope. Io spero vivamente che i sindacati vedano davvero gli studenti come la generazione che potrà veramente salvare l’Italia”.