Fedeli: ma quale gender, voglio combattere le diseguaglianze

La ministra risponde alle polemiche. Lo sappiamo bene: quelle sul titolo di studio non sono state certo le uniche che hanno visto la Fedeli protagonista la scorsa settimana. Tanti i movimenti e comitati cattolici che le hanno dato addosso per la questione gender. Proprio la neo ministra dell’Istruzione sarebbe infatti firmataria di una proposta di legge per l’educazione di genere nelle scuole. Alcuni hanno persino definito la sua nomina “una dichiarazione di guerra“. Ecco che allora la ministra fa chiarezza scrivendo una lettera al direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, pubblicata proprio questa mattina nelle pagine del quotidiano cattolico.

Caro direttore – scrive la ministra –  ho letto con molto interesse il suo intervento del 14 dicembre sulla mia recente nomina a Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e ho apprezzato l’apertura di credito nei miei confronti […]. Come è noto – continua – parliamo della previsione che intende assicurare l’attuazione dei princìpi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dalla legge 119/2013 contro il femminicidio“.

La Fedeli arriva velocemente al punto: “Lei mi invita a tenere fede al mio giuramento sulla Costituzione, ed è proprio da qui che intendo partire, perché il comma 16 dà attuazione ai princìpi di pari dignità e non discriminazione contenuti negli articoli 3, 4, 29, 37 e 51 della nostra Costituzione. Ma voglio essere ancora più chiara […]. Non ho mai fatto riferimento a una supposta “teoria gender”, tanto meno a una “ideologia”, non solo perché il pensiero ideologico mi è strutturalmente estraneo, ma perché una simile ideologia, ammesso che esista, e non è mai stata d’ispirazione per l’operato mio, o del Parlamento o del governo. Vorrei che la parola gender uscisse dal nostro vocabolario in questa accezione minacciosa, e che tornassimo a parlare di uguaglianza tra donne e uomini, in linea con le normative nazionali e internazionali sui diritti umani“.

Non si tratta di abolire le differenze tra donne e uomini, ma di combattere le diseguaglianze – specifica quindi la Fedeli – Non c’è nulla di naturale in stereotipi che escludono le donne dalla politica e dal mondo del lavoro. Non c’è nulla di naturale, per esempio, nel fatto che le ragazze siano descritte come inadatte agli studi scientifici, eppure questo stereotipo produce effetti reali: le ragazze si iscrivono troppo poco alle facoltà scientifiche“.

Su Avvenire.it è pure riportata la risposta del direttore: “La realtà di questa nostra epoca ci ricorda continuamente, sempre più spesso in modo positivo, ma purtroppo ancora e sempre in modo doloroso e persino drammatico, che la parità uomo-donna, e dunque il superamento di certi stereotipi, è una priorità fondamentale. Siamo chiamati tutti a un sereno e pressante “di più” di responsabilità e d’impegno per custodire – continua – elaborare, trasmettere e interiorizzare un alfabeto comune dell’umano basato, primariamente, sul riconoscimento della diversità feconda e dell’identico e insopprimibile valore di donna e uomo, qualunque fase e condizione della vita sperimentino. Per procedere in quest’opera servono rispetto, condivisione e determinazione, non impostazioni ideologiche e dirigismi supponenti e aggressivi che lei, cara ministra, esclude qui con fermezza”