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Come favorire il successo degli studenti grazie agli stili di apprendimento

di Beatrice Aimi

In Italia, negli ultimi 15 anni quasi 3 milioni di ragazzi italiani iscritti alle scuole superiori statali non hanno completato il loro ciclo di studi. Rappresentano il 31,9% del totale di studenti che hanno iniziato in questi ultimi anni le superiori nella scuola statale.

Le cause di questo insuccesso sono molteplici. Alcune di esse sono specifiche, altre non dipendono da scarse potenzialità cognitive ma derivano piuttosto da fattori che riguardano il contesto familiare e culturale dello studente, la qualità dell’istruzione, il contesto scolastico nel suo complesso o le caratteristiche individuali dello studente.

Recentemente la psicologia cognitiva ha rivolto l’interesse agli stili di pensiero e di apprendimento come caratteristica individuale dello studente. È evidente a tutti che persone, simili per capacità cognitive generali, affrontino determinati compiti in maniera diversa. Il concetto di “stile di pensiero/stile di apprendimento” può dunque rappresentare una chiave di accesso per la lettura di numerosi insuccessi scolastici, dovuti magari alla incompatibilità fra le modalità di apprendere degli studenti e le modalità con cui il sapere viene trasmesso. È stato infatti dimostrato come insegnanti e alunni con lo stesso profilo di stili interagiscano in modo più efficace.

Lo strumento che più viene utilizzato in letteratura per la valutazione degli stili di apprendimento è il Learning Style Inventory (LSI) di David Kolb. Per Kolb, l’ apprendimento è un processo attraverso il quale le persone cercano di comprendere le loro esperienze e di conseguenza modificare il proprio comportamento. Secondo questo modello, le persone apprenderebbero attraverso un ciclo a quattro fasi:

1) l’esperienza, in cui l’apprendimento sarebbe influenzato prevalentemente dalle reazioni alle esperienze;
2) la riflessione, in cui l’apprendimento sarebbe influenzato prevalentemente dall’ascolto e dalla osservazione;
3) l’astrazione, in cui l’apprendimento prenderebbe la forma soprattutto del pensiero e dell’analisi dei problemi in modo sistematico; 

4) la messa in pratica, in cui l’apprendimento sarebbe influenzato prevalentemente dall’agire e dallo sperimentare, osservando i risultati. 


Durante l’apprendimento, ogni soggetto dovrebbe percorrere, almeno in minima parte, tutte e quattro le fasi ma a causa di fattori genetici e altre variabili legate all’interazione con l’ambiente, egli comincia a privilegiare una fase rispetto all’altra (stile di apprendimento). 


Per stile di apprendimento l’autore intende dunque un “linguaggio” tipico di un individuo che lo porta ad elaborare l’informazione in un certo modo piuttosto che in un altro. Kolb ha dunque elaborato uno strumento di indagine per gli stili di apprendimento  (LSI) il cui scopo principale è quello di aumentare la consapevolezza dell’individuo sul proprio processo di apprendimento. Il LSI è progettato per misurare un orientamento o un profilo di preferenza nel modo in cui l’individuo approccia la realtà ed ovvie sono quindi le implicazioni didattiche relative al suo uso.

Poter conoscere lo stile di apprendimento del docente e dei proprio discenti consentirebbe all’uno e agli altri di meglio conoscere le cause del proprio successo o insuccesso. Al fine di consentire un apprendimento significativo per ciascun alunno sarebbe quindi opportuno pensare di mettere i discenti nelle condizioni di osservare e rilevare il proprio stile e poi, una volta acquisita una prima consapevolezza generale, si dovrebbe agire con un duplice obiettivo: valorizzare gli stili di ciascun alunno e lavorare contestualmente sulla flessibilità e versatilità degli stili stessi per sviluppare negli studenti strategie normalmente non utilizzate.

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