Fase 2 per la scuola: opportunità e criticità

I problemi devono diventare sfide a cui bisogna trovare soluzioni innovative ed organizzative. Sento parlare di ritorno a scuola, prima e dopo il 18 maggio, o dopo il 18 maggio come se lo spartiacque tra la vita che facevamo prima e quella che dovremo affrontare ad emergenza rientrata o perlomeno sotto controllo, potesse essere determinata da una data sul calendario. Nulla sarà come prima, ma non necessariamente sarà peggio, se in questo futuro prossimo che ci attende impiegheremo le nostre migliori energie, intelligenze e competenze per disegnarlo.

Assisto quotidianamente  a dibattiti sulla fase 2 e a come far ripartire l’economia, che indubbiamente rappresenta il motore da attivare per non inabissarsi. È come aver subito un arresto cardiaco e se il cuore non riparte tutto è compromesso. Ma mi permetto: sembrano approcci vecchi, ci si avvicina al ministro di turno a reclamare la propria fetta di torta, sembra più il manuale cencelli che una strategia. Mille rivoli in cui si disperderanno risorse importanti e vitali senza che ne sia valutato l’impatto a breve e lungo termine.

Mai come ora siamo, come dice Papa Francesco, “tutti sulla stessa barca”  e mai come ora c’è necessità di remare tutti insieme verso il punto all’orizzonte che vogliamo raggiungere.

Ecco, appunto, manca l’orizzonte, come ci immaginiamo il dopo e come vogliamo costruirlo. E non mi si dica che deve essere  inclusivo, dove nessuno resti indietro, dove non si allarghi la forbice tra chi ha tutte le coperture e chi non le ha, troppo banale e troppo condivisibili le enunciazioni. È il come che manca, e pure a cosa possiamo e siamo disponibili a rinunciare per arrivarci.

Questa confusione e mancanza di orizzonte la respiro anche nel sistema a me più caro: la scuola.

Non voglio certo negare l’importanza relativa ai temi degli esami, della valutazione e delle risposte che milioni di studenti stanno aspettando per sapere come terminerà questo anno scolastico. Ma non saranno le risposte a queste domande a dare la bussola.

La scuola interseca e condiziona la vita di milioni di persone, famiglie ma anche imprese. Non possiamo continuare a pensarla come un sistema a sé stante, ogni scelta organizzativa che si penserà a cascata andrà a riverberarsi su altre organizzazioni anche di tipo sociale, dalla famiglia all’impresa.

Le soluzioni che stanno emergendo mi lasciano perplessa, perché non vedo consequenzialità di azioni né un’idea di scuola nuova. Vediamone insieme alcune. 

Ipotesi A: la scuola riparte a settembre con la didattica a distanza in attesa che si possa combattere il virus, se non con un vaccino, almeno con un farmaco

Tra le tante obiezioni di carattere didattico metodologico ne vedo altre di tipo organizzativo che non possono essere risolte in modo autonomo solo dal “mondo scuola”:

I genitori che potranno rientrare al lavoro troveranno asili nido – scuole materne -scuole elementari – scuole medie  e scuole superiori chiuse e se il problema della cura dei minori è meno pressante per gli studenti delle superiori, diventa insostenibile via via che si abbassa l’età dei bambini.

– Per alcuni lo smart working potrebbe essere una soluzione, la sua attivazione come strumento ordinario dovrebbe diventare automatica come lo è stata in questa emergenza, si dovrebbe tracciare poi in maniera puntuale per quante famiglie questa modalità contrattuale non è compatibile con la mansione e pensare a quali altri strumenti straordinari introdurre, che non possono certo essere i 15 giorni di congedo parentale una tantum per tutti.

– Non è pensabile gestire la didattica a distanza come è stata fatta in questa situazione emergenziale “ognuno per sé e Dio per tutti”:

a) gli istituti dovrebbero essere tutti dotati di una piattaforma in cloud, a cui avere accesso in modo protetto;
b) il 25% di studenti che anche a causa dello smart working oggi non hanno dispositivi ICT idonei a supportare le lezioni online dovranno esserne dotati;
c) gli stessi studenti dovranno essere dotati di una connessione dati con giga che supporti questa modalità;
d) resta circa un 2-3 % di aree non coperte  in modo adeguato da reti telefoniche, bisogna mappare in modo preciso quanti sono gli studenti interessati, creare canali digitali o agire con satellite;
e) l’estate dovrebbe essere utilizzata per formare i docenti nella modalità di costruzione di una  lezione a distanza, che non può essere frontale, come pure nella riorganizzazione delle programmazione didattiche. E questo lavoro dovrà essere puntuale e diversificato per scuole elementari – secondaria di primo grado e di secondo grado;
f) resta il problema delle scuole tecniche e professionali con un elevato numero di ore di laboratorio che dovranno essere necessariamente organizzate con i protocolli di sicurezza previsti per le aziende, (distanziamento fisico, mascherine, turnazione, trasporti dedicati ecc..). Ma con quali insegnanti? Per le discipline matematico- scientifiche e tecnico professionali legate all’industria e artigianato le graduatorie sono  esaurite,  ingegneri  meccatronici, elettrotecnici, dell’informazione, meccanici ecc, laureati in fisica, chimica, per citarne alcuni, sono introvabili e per ovviare si dovrà necessariamente agire sulla richiesta di straordinario a chi è già in organico (cosa attualmente non prevista dal contratto scuola)  
h) dovranno essere trovate modalità diverse per garantire tirocini e alternanza scuola lavoro.

Ipotesi B: a settembre si torna tutti a scuola garantendo le misure di sicurezza previsti dai protocolli aziendali e il distanziamento fisico e la turnazione 

a) ritengo assurdo che gli studenti si alternino una settimana si ed una no a scuola, seguire in classe una lezione o a casa non è la stessa cosa, come la didattica non può essere la stessa e nemmeno gli apprendimenti. Affermare una cosa così significa non aver capito che l’apprendimento a distanza non è determinato dalla tecnologia ma dal metodo.

b) se vogliamo far rientrare tutti gli studenti a scuola, cosa auspicabile, dobbiamo avere chiara la situazione di ogni singolo istituto, dimensione aule, mensa, zone comuni, utilizzo mezzi pubblici per raggiungere la sede scolastica. Bisogna farlo e farlo subito. E sulla base della mappatura decidere numero massimo di studenti per classe che non potrà essere di 29,30, 31 come avviene spesso. Bisognerà pensare ad un calendario scolastico dilatato che permetta di aumentare i giorni scuola diminuendo le ore giornaliere per classe così da poter alternare le classi tra mattina e pomeriggio, organizzare i trasporti in grado di soddisfare turni raddoppiati, adottare protocolli di sicurezza previsti dalle aziende e verificare la compatibilità di un’organizzazione di questo tipo con i CCNL , verificare il numero di classi aggiuntive, la disponibilità di dispositivi , modalità straordinarie di sanificazione degli ambienti e tante altre questioni “pratiche” che forse sembrano insignificanti ma che rischiano di mettere sabbia in un ingranaggio che per funzionare ha bisogno di prevedere anche il minimo possibile contrattempo. Serve una cultura organizzativa a cui la scuola non sempre è stata abituata e forse non è pronta. 

Bisogna inoltre non dimenticare che questa soluzione risulta comunque difficilmente praticabile per bambini di scuole materne ed elementari che fanno fatica a comprendere il concetto di distanziamento fisico o utilizzo della mascherina, per i quali  dovranno essere adottate soluzioni diverse.

La scuola è qualcosa di serio ha bisogno di una visione d’insieme e di confronto esterno per evitare che anche in questa fase non sia oggetto di speculazioni politiche o logiche sindacali corporative che la allontanino dalla sua mission “far crescere umanamente, culturalmente e professionalmente una nuova generazione creando le condizioni perché ognuno esprima il meglio di se”.

*Direttore generale
Giuseppe Veronesi centro di istruzione scolastica e di formazione professionale – Rovereto