Ex-Enam: abrogare l’obbligo del contributo

Quando l’Enam era ancora in vita, prima che una immotivata legge ne decidesse la soppressione  – non si è mai capito quale sia stata la ragione vera di tale decisione: intento moralizzatore? sgarbo al sindacato maggioritario di categoria eletto ai vertici dell’Enam? errore di valutazione per l’incameramento dei beni? Mah! – la sua gestione era trasparente e controllata.

La categoria eleggeva i suoi rappresentanti all’interno del Consiglio nazionale dell’Ente e all’interno dei Comitati provinciali.

I bilanci erano pubblici e accessibili; l’informativa sulle attività e sulle prestazioni era costante e aggiornata. Gli insegnanti erano in condizione di sapere e, se interessati, di accedere ai servizi.

Ora, con la gestione passata all’Inps, il controllo e la conoscenza anche minima dei bilanci non c’è; la categoria non è messa in condizioni di conoscere l’entità del patrimonio e il suo impiego (vi sono ben sette case di soggiorno distribuite in diversi luoghi ameni d’Italia, più alcuni appartamenti a Roma).

La categoria non conosce l’esatta destinazione e gestione delle decine di milioni (45-50) che, grazie ai contributi obbligatori versati dagli insegnanti in servizio nelle scuole primarie e dell’infanzia (e dai dirigenti scolastici ex-direttori didattici) entrano ogni anno nelle casse dell’Inps.

Infatti l’Enam è stato soppresso, ma la legge che lo aveva istituito più di 60 anni fa non è stata abrogata e, pertanto, mantiene l’obbligo di contribuzione a carico dei maestri.

Per una questione di trasparenza e di giustizia, si dovrebbe abrogare quell’obbligo e rendere facoltativa la contribuzione con conseguente diritto di accedere alle prestazioni. Per i pensionati il diritto di accesso già maturato dovrebbe ovviamente essere mantenuto.

Si può fare. Presto.