Esame terza media/2: prova nazionale Invalsi

La questione – osserva il prof Benedetto Vertecchi, docente universitario presso l’università degli studi di Roma Tre – “non è se le prove debbano o non debbano essere svolte, ma è quale utilità i dati che si otterranno potranno avere per modificare un andamento generale del sistema educativo che non corrisponde a ciò che sarebbe necessario per assicurare a tutta la popolazione il possesso di una cultura di base che sia di sostegno a sviluppi ulteriori, sia per ciò che riguarda l’acquisizione di conoscenze ulteriori, sia in vista dell’acquisizione delle competenze necessarie per l’inserimento nelle attività produttive”. Oggi sembra quasi che ci s’impegna non per capire, ma per rispondere a quesiti organizzati in un certo modo, si apprende non per estendere il proprio orizzonte culturale, ma per superare l’ostacolo degli esami. Eppure, nessuno può negare che una rappresentazione del profilo della popolazione che conclude la scuola media sia necessaria.

Di fronte ad un numero crescente di allievi (non importa che formalmente siano positivamente valutati) che incontra crescenti difficoltà nella lettura e nella scrittura, che stenta ad esprimersi per la povertà del lessico di cui dispone, che è lontano dal saper argomentare per la povertà della grammatica e la sconnessione della sintassi, dovremmo chiederci se simili difficoltà siano da considerarsi rilevanti per ciò che riguarda il livello della preparazione raggiunta dai singoli allievi o non siano, invece, il segno, di una regressione culturale che investe la vita sociale.

Gli esami di terza media non potrebbero costituire un’occasione preziosa per cogliere le direzioni del cambiamento? E, se necessario, per effettuare scelte contro corrente?