E’ un’ingiuria sfogarsi contro i docenti che bocciano i figli

Lo sancisce la Corte di Cassazione: è vietato attribuire al prof uno spessore umano e culturale inferiore a quello dell'allievo

I genitori non possono sfogarsi sui professori che bocciano i propri figli. Lo sancisce la Cassazione, convalidando una condanna per ingiuria nei confronti di una mamma ‘pasionaria’ 60enne di Formia, che non sopportando la bocciatura del figlio, aveva preso carta e penna e aveva scritto all’insegnante Maria Nunziata G. presso l’Istituto ‘Vitruvio’ dicendole “Lei non è degna di avere un alunno come Federico“. La mamma, inoltre, aveva anche scritto che la prof, bocciando il figlio, aveva “sapientemente” dimenticato di tenere conto dei “progressi del ragazzo“.

Ne era scaturita una denuncia da parte della prof che si era sentita offesa e il Tribunale di Latina -sezione distaccata di Gaeta- il 14 gennaio 2009 convalidava la decisione del giudice di pace riconoscendo la mamma Rosaria S. colpevole di ingiuria. Inutilmente la madre del ragazzo bocciato ha protestato in Cassazione sostenendo che il suo era stato un semplice sfogo nei confronti dell’insegnante e che, in ogni caso, le espressioni adottate nella lettera non erano offensive e lesive della professionalità” della docente.

La quinta sezione penale della Cassazione ha respinto il ricorso di Rosaria S. e ha evidenziato che “nella sentenza impugnata è ben sottolineato il carattere lesivo del decoro e della professionalità della persona offesa, nonché la portata offensiva dell’impiego dell’avverbio ‘sapientemente’, riferito alla mancata valorizzazione dei pretesi progressi del ragazzo, siccome volto a insinuare una volontà di ingiusto trattamento dell’alunno“.

Dunque, secondo la Suprema Corte, “opportunamente la Corte di merito si è soffermata sull’attitudine delle parole usate ad esprimere un dispregio e un’offesa alla dignità personale e professionale dell’insegnante, trattata come persona di spessore umano e culturale inferiore a quello dell’allievo“. Insomma, concludono gli ermellini, lo sfogo di quella madre è andato ben oltre “l’esercizio del diritto di critica“. Da qui la condanna per ingiuria e la liquidazione nei confronti della prof di una somma pari a 1.200 euro per le offese subite.