Dopo il virus: c’è un bivio di fronte a noi

Dopo il virus/2.

Non c’è dubbio che la scuola come noi l’abbiamo conosciuta (parliamo di chi ha da 20 anni in su) non resisterà al doppio attacco che al vecchio impianto organizzativo e didattico viene portato da una parte dal Covid-19, un autentico cigno nero, di quelli capaci di cambiare la storia a livello nazionale e internazionale, e dall’altra dalle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), che sono per molti motivi più rispondenti alle esigenze e agli stili di apprendimento delle nuove generazioni.

Alle ragioni già esposte da Tuttoscuola in un recente articolo sulle prospettive dell’imminente anno scolastico 2020-2021 (distanziamento degli alunni, didattica blended e flipped, eventuali turnazioni, scomposizione delle classi per gruppi e livelli) si deve aggiungere la considerazione che, al di là di ogni aspettativa e previsione, il corpo docente italiano si è rivelato assai più plastico e disponibile alla innovazione didattica di quanto si supponesse da parte di molti osservatori ed esperti di scuola. Difficilmente si potrà tornare a “prima del virus”. Per primi a non voler tornare indietro saranno questi insegnanti, la cui immagine professionale si è molto rivalutata agli occhi dei genitori che li hanno visti all’opera con i loro figli. Ma a non voler tornare indietro saranno soprattutto gli alunni, ormai compiutamente nativi digitali, e certo non interessati a una didattica che non li coinvolge dal punto di vista partecipativo, emotivo, relazionale (con riferimento anche al cooperative learning). Per la prima volta nella storia, il discente supera il docente, almeno dal punto di vista delle competenze digitali.

Siamo di fronte a un bivio: restare incanalati nell’attuale modello trasmissivo, disciplinarista, rigido, organizzato burocraticamente, o avere il coraggio di adottare metodologie didattiche innovative che pongano al centro l’apprendimento partecipato e coinvolgente e modelli organizzativi flessibili.

Qui sta il discrimine, non è certo una questione di scelta tra didattica in presenza e a distanza, ma semmai di quale didattica e di quale organizzazione del servizio.

La modalità del fare scuola non può essere più la stessa. Sarà necessario fare delle scelte (tanto più se il tempo scuola da settembre sarà ridotto, almeno fino a quando non si uscirà dall’emergenza): la didattica per competenze non può più essere un’opzione, ma la risposta ad un bisogno di sapere sempre più trasversale; l’approccio didattico deve essere duttile, multidisciplinare e improntato alla relazione, a tutti i livelli. Ci vorrà tempo sicuramente, ma la strada va imboccata con convinzione ora.