Crocifisso, rovesciata la sentenza del 2009

Aveva suscitato scalpore, nel novembre 2009, la sentenza della Corte di Strasburgo per i diritti dell’uomo, riunitasi nella sua composizione più ristretta (7 Paesi rappresentati), che aveva imposto allo Stato italiano di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche, ritenendolo discriminante per gli alunni di fede diversa da quella cristiana o non credenti.

Con varie motivazioni quasi tutte le forze politiche italiane, e la maggioranza degli intellettuali, avevano criticato la sentenza. Diffusa è dunque ora la soddisfazione per il rovesciamento della prima deliberazione effettuato da parte della stessa Corte, riunitasi al completo (‘Grande Camera dei diritti dell’uomo’, con circa 40 Paesi rappresentati, quelli che fanno parte del Consiglio d’Europa).

La secca motivazione della condanna dello Stato italiano data all’unanimità dalla Corte in prima istanza (l’esposizione del crocifisso nelle aule “è una violazione del diritto dei genitori a educare i figli” secondo le loro convinzioni) è stata così superata dalla motivazione dell’assoluzione intervenuta in seconda istanza, approvata però a maggioranza (lo Stato italiano ha il diritto di riservare “alla religione della maggioranza preponderante visibilità in ambito scolastico”).

A favore della tesi sostenuta nel ricorso presentato dal governo italiano contro la prima sentenza si sono schierati molti Paesi dell’Europa orientale e meridionale (tra cui quelli in cui prevale la religione cristiana ortodossa, come Russia, Bulgaria, Grecia, Cipro) mentre i rappresentanti delle più importanti liberal-democrazie dell’Europa occidentale (tra cui Francia, Germania, Regno Unito, Olanda, e la cattolica Spagna del socialista Zapatero) hanno tenuta ferma la loro preferenza per il modello di neutralità religiosa affermato nei loro Paesi.