Crisi scuole paritarie: il problema dei docenti non abilitati

L’aumento dei costi e il corrispettivo aumento delle rette stanno ponendo in grave crisi il mondo delle scuole paritarie, specie quelle cattoliche. I dati del Rapporto 2016 sono chiari: 415 scuole chiuse in poco meno di due anni, numero di studenti diminuito del 13% dal 2012, quando erano più di un milione e oggi sono poco più di 900 mila. Una parabola in discesa che non sembra destinata ad interrompersi per il calo generalizzato della denatalità e per la crisi economica. A questo si aggiunge anche il fatto che, a seguito delle numerose immissioni in ruolo nelle scuole statali degli ultimi due anni, esista nelle scuole paritarie la seria difficoltà di riuscire a reperire personale docente provvisto di abilitazione all’insegnamento, come richiesto dall’art.1 della Legge 62/2000, sulla parità scolastica. Ne abbiamo parlato nel numero di febbraio di Tuttoscuola in un articolo di Rosa Musto, dirigente tecnico dell’USR Lazio.

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Infatti, per la loro immissione in ruolo, numerosi docenti hanno abbandonato i loro posti, che da lungo tempo occupavano nelle scuole paritarie, garantendo qualità e continuità didattica e quindi anche il mantenimento nel tempo della parità della scuola. In questi due ultimi anni scolastici, alla scomparsa del personale si è aggiunta la grande difficoltà a trovare “sul mercato” docenti abilitati o con già esperienze (anche brevi e saltuarie) di insegnamento, per cui le scuole pubbliche paritarie non sono riuscite ad assumere personale abilitato, così come hanno di volta in volta espresso nel corso delle visite ispettive. Ragioni di forza maggiore le hanno costrette a dover assumere personale non abilitato, giovani laureati, dopo valutazione dei loro CV e colloquio. Questo fatto non sta consentendo di poter operare serenamente e in modo legittimo e riconosciuto dal MIUR, come accade invece per le scuole statali che in caso di necessità assumono docenti non abilitati posizionati in III fascia. Fatta eccezione per i laureati in Scienze della formazione, corso di laurea che prevede un periodo di tirocinio sul campo, i laureati docenti della scuola secondaria non conoscono la normativa scolastica e non possiedono una formazione pedagogica disciplinare. A riguardo le scuole paritarie si sono organizzate programmando corsi di formazione professionale mirati in collaborazione con associazioni professionali ed esperti e anche prevedendo l’affiancamento del coordinatore didattico, quale loro tutor professionale durante l’intero anno scolastico. In alcune realtà gli Uffici scolastici regionali hanno attivato corsi per tutte le scuole paritarie per la formazione sulla normativa vigente e invitato alle reti per le attività di formazione degli ambiti.

Perché la questione si possa regolarizzare occorre trascorra qualche anno, con gli effetti del decreto legislativo 59/2017 che offre una soluzione con il nuovo percorso di formazione e reclutamento (FIT), titolo che andrà a sostituire la precedente abilitazione. Il suddetto decreto ha introdotto delle novità, con l’obbligo di conseguire il diploma di specializzazione per l’insegnamento secondario, con la frequenza del primo anno del percorso FIT, al quale si accede tramite concorso o a proprie spese (solo se si insegna nelle scuole paritarie), senza dover superare il concorso: il suddetto diploma è necessario per insegnare nelle scuole paritarie. Per l’accesso al FIT per l’insegnamento nelle scuole paritarie è previsto il supermento di un test gestito dalle Università e i requisiti richiesti sono gli stessi che i candidati devono possedere per la partecipazione al concorso (laurea più 24 CFU). Inoltre, i docenti titolari di un contratto di lavoro nella scuola paritaria per almeno tre anni hanno la priorità di iscrizione al FIT sulla classe di concorso interessata e purché i predetti contratti siano retribuiti sulla base di uno dei contratti di lavoro del settore. Anche la sola iscrizione al corso di specializzazione consente l’insegnamento nelle scuole paritarie, ma per non più di tre anni dall’immatricolazione.

Ecco quanto riportato nell’articolo 15 comma 3 del decreto: “Possono iscriversi ai percorsi di specializzazione di cui all’articolo 9, comma 1, nell’ordine di una graduatoria stabilita sulla base di un test di accesso gestito dalle università interessate, i soggetti in possesso dei requisiti di accesso di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, relativamente alla classe di concorso per cui intendono conseguire la specializzazione. È considerato titolo prioritario per l’ammissione al corso di specializzazione essere titolare di contratti di docenza per almeno nove ore settimanali nella scuola secondaria sulla classe di concorso interessata, ed esserlo stati per almeno tre anni, presso una scuola paritaria, purché detti contratti siano retribuiti sulla base di uno dei contratti collettivi nazionali di lavoro del settore.

Inoltre, gli aspiranti docenti al FIT, vengono autorizzati dal Miur in base al fabbisogno delle scuole paritarie e alla disponibilità di personale già abilitato all’insegnamento o specializzato. Abbiamo approfondito la questione nel numero di febbraio di Tuttoscuola.

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