Corresponsabilità per arginare l’irresponsabilità: basterà?

Corresponsabilità per arginare l’irresponsabilità/1

La proposta di legge sull’Educazione civica approvata dalla Camera la scorsa settimana (3 maggio, ora passa all’esame del Senato) ha esteso alla scuola primaria il ‘Patto di corresponsabilità educativa’ già in vigore nella scuola secondaria, sopprimendo contestualmente le norme del Regio Decreto del 1928 che prevedevano l’irrogazione di una gamma di punizioni, fino all’espulsione dalla scuola, a prescindere da ogni forma di coinvolgimento dei genitori (che dovevano solo essere informati per iscritto in caso di sospensione dalla frequenza).

Non si tratta di una novità assoluta perché le norme del 1928 erano di fatto disapplicate da decenni e l’estensione del Patto alla primaria era stata proposta dal Forum delle associazioni dei genitori (Fonags) già nella scorsa legislatura, ricevendo la piena disponibilità dell’allora ministra Valeria Fedeli. Ma il caso ha voluto che in coincidenza con l’approvazione della legge che ha soppresso le vecchie norme si verificasse l’ennesima aggressione di un genitore (nella fattispecie una mamma) alla vicepreside di un istituto professionale di Lodi, secondo lei responsabile ratione officii(non faceva parte neanche del Consiglio di classe) della sospensione per 15 giorni della figlia diciassettenne, peraltro pluriripetente.

In effetti il ‘Patto di corresponsabilità educativa’ non esclude che possano essere decise sanzioni nei confronti degli alunni, ma solo alla fine di un percorso di confronto e condivisione con le famiglie. Ma che cosa fare quando la famiglia è assente e non vuole assumere alcuna (cor)responsabilità?

Il ministro dell’istruzione Marco Bussetti, commentando l’accaduto, ha parlato di un “fatto gravissimo” (e in settimana farà visita ai vertici dell’Istituto Einaudi di Lodi), mentre il vicepremier Matteo Salvini ha auspicato “l’arresto immediato” per la madre dell’alunna.

Insomma la punizione (penale) del genitore in aggiunta a quella (scolastica) della figlia. Misure che si collocano entrambe, in modo diverso, al di fuori di ogni logica di condivisione e corresponsabilità educativa. E che non si pongono il problema del recupero sociale di entrambe, mamma e figlia. È come rassegnarsi all’idea che per una minoranza di ragazzi (e di genitori) non ci sia altro destino che l’emarginazione o la galera. Noi non ci rassegniamo, ma occorre essere consapevoli che per vincere la battaglia dell’inclusione di queste minoranze servono una lucida determinazione e robuste dosi di coraggio e di pazienza.