Coronavirus e scuole paritarie: 20 anni dalla legge n. 62, tempo di bilanci

Coronavirus e scuole paritarie/3

Lo scorso 10 marzo è caduto il ventesimo compleanno della legge sulla parità scolastica (n. 62/2000), varata dal Parlamento italiano il 10 marzo del 2000. Si è trattato di una delle più importanti leggi realizzate in campo scolastico dai governi di centro-sinistra nel quinquennio 1996-2001, fortemente voluta dall’allora ministro Luigi Berlinguer, che riuscì a farla approvare poco prima di essere costretto alle dimissioni (aprile 2000) provocate dall’opposizione di massa degli insegnanti al suo progetto di sottoporli a valutazione, premiando solo “i migliori” (il 20% della categoria).

La legge sulla parità fu il frutto di un compromesso perché alla parità giuridica non fu collegata quella economica, se non in misura assai modesta al di fuori della scuola dell’infanzia, eccezione dovuta al fatto che essa non rientrava nella fascia della scuola obbligatoria, per la quale continuava a valere la preclusione di cui all’art. 33 comma 3 (“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”).

Nei vent’anni successivi alla sua approvazione la legge 62/2000 è stata lievemente ritoccata in alcuni particolari, ma la preclusione non è mai caduta, malgrado la disponibilità (non unanime) del PD e dello stesso ex ministro Berlinguer a riesaminare la questione, fattasi più esplicita a partire dal 2017 (governo Gentiloni, ministra Fedeli). Con il primo governo Conte (ministro Bussetti) la questione è stata accantonata, anche per la contrarietà del M5S a discuterne. Così è stato anche con il secondo governo Conte, almeno fino a quando il Ministero è stato guidato da Lorenzo Fioramonti.

Lucia Azzolina, da parlamentare, si era espressa contro il finanziamento dei “diplomifici”; da sottosegretaria aveva accolto la richiesta dei docenti precari delle scuole paritarie di accedere al concorso a fini abilitativi; da ministro non si è finora espressa sul costo standard, forse consapevole della rilevanza politica della proposta che, se accolta, comporterebbe non la “piena applicazione” della legge n. 62, a lungo invocata dai sostenitori delle scuole paritarie, ma il suo radicale superamento in direzione di quella autonomia delle scuole (di tutte, statali e paritarie) teorizzata da una minoranza di profeti disarmati – da Giovanni Gozzer a Dario Antiseri – ma sempre arenatasi a causa dell’interpretazione conservatrice del “senza oneri per lo Stato”.