Concorso precari: quel frettoloso no ai quiz

E così la fobia dei docenti per i quiz ha fatto un’altra vittima, il concorso straordinario per i precari con oltre tre anni di servizio, che al posto dei quiz dovranno sostenere una prova scritta articolata in quesiti. La prima vittima dei quiz fu il ministro Luigi Berlinguer, travolto nel mese di febbraio del 2000 da un enorme sciopero spontaneo dei professori (di ruolo in quel caso) che rifiutarono di farsi valutare attraverso prove oggettive per stabilire chi poteva accedere a un aumento dello stipendio per merito (un quinto dell’intera categoria).

Ed è ben nota la diffidenza con la quale molti insegnanti hanno accolto i test dell’Invalsi e quelli previsti dalle indagini internazionali (sempre curati dall’Invalsi e dal suo predecessore Cede). Per non parlare del ‘quizzone’, come fu subito ribattezzata la temuta terza prova pluridisciplinare dell’esame di maturità, introdotta nel 1999 e durata fino al 2018.

Insomma, lo strumento del quiz per valutare il livello di conoscenza/padronanza di una competenza di qualunque tipo (disciplinare, didattica, professionale, di cultura generale ecc.), utilizzato ormai in via ordinaria per svariati tipi di concorsi pubblici e nelle selezioni del settore privato, ha avuto sempre vita difficile nella scuola. La sua eliminazione dal concorso straordinario per i precari non ha costituito dunque una sorpresa.

Ma l’alternativa individuata, una prova scritta con quesiti a risposta aperta (sembra da 3 a 5), è certamente peggiore. Certo, non è il classico tema dei tempi che furono ma si tratta comunque di elaborati che richiedono risposte organizzate e una certa capacità di sintesi per i concorrenti, e una notevole esperienza e competenza per chi li dovrà valutare.

Negli Stati Uniti, patria dei quiz, utilizzati massicciamente ai vari livelli dei percorsi scolastici, si è rinunciato da tempo ai quesiti (o temi) a risposta aperta non solo perché più costosi e bisognosi di tempo rispetto ai quiz a lettura ottica ma perché si è dimostrato che la variabilità dei giudizi dei valutatori, per quanto esperti, risulta assai rilevante, e dà minori garanzie di correttezza ed equità rispetto ai risultati dei quiz.

Per valutare con la necessaria attenzione decine di migliaia di prove scritte a risposte aperta servono centinaia di valutatori esperti e tanto tempo, almeno dieci minuti per ciascun elaborato. Ci si rende conto della complessità organizzativa e della delicatezza di un’operazione di questo genere? Certo, i quiz hanno le loro controindicazioni (specie se non sono preparati con cura), ma i quesiti a risposta aperta ne hanno sicuramente di più.