Con il numero chiuso i giovani vanno all’estero per laurearsi

Intervento di Paola Binetti di Scelta Civica

La pronuncia della Corte europea, che nei giorni scorsi ha dichiarato legittimo il numero chiuso per l’accesso ad alcune facoltà universitarie, non ha fugato dubbi e riserve che, si spera, potranno trovare una risposta definitiva da parte della Consulta chiamata presto a pronunciarsi.

Paola Binetti, deputata di Scelta Civica, ha commentato così la sentenza: “La tutela della salute dei cittadini, vero e proprio diritto costituzionale, richiede che gli studenti laureati in medicina e chirurgia offrano il massimo delle garanzie in termini di competenza professionale specifica. La sentenza della Corte europea dei diritti umani sul numero chiuso conferma il diritto del Miur di fissare il numero chiuso per l’accesso a determinate facoltà universitarie. Restano tuttavia ancora aperti alcuni interrogativi fondamentali. Ferma restando l’esigenza di garantire una formazione di qualità ai futuri medici, occorre verificare se l’attuale numero chiuso sia fissato tenendo conto del fabbisogno nazionale di medici e dell’ampia mobilità che sussiste a livello europea“.

L’on. Binetti aggiunge “Oggi di fatto si sta verificando una nuova situazione: molti studenti italiani, non avendo superato l’esame di selezione italiano, si spostano in altre sedi universitarie all’estero, dove riescono a conseguire la laurea in medicina per tornare poi ad esercitare in Italia la loro professione”.

La parlamentare di Scelta Civica pone due interrogativi sulla attendibilità scientifica dei quiz e sullo squilibrio tra laureati e posti disponibili : “Le domande tuttora senza risposta sono due. I quiz sono garanzia di qualità nella selezione dei futuri medici non solo sotto il profilo tecnico-scientifico, ma anche sotto il profilo umano, dove occorre una spiccata sensibilità verso aspetti più delicati come il dolore e la sofferenza del malato?

 La seconda domanda riguarda invece l’attuale scollamento tra il numero di studenti ammessi a frequentare la facoltà di medicina e il numero di posti previsto per le scuole di specializzazione. Il primo supera il secondo di almeno un terzo e ciò crea disagio nei giovani laureati costretti ad attendere ancora almeno un anno o due prima di poter entrare nella scuola di specializzazione. E senza specializzazione oggi non si può parlare di qualità e di competenza professionale: anche questo è un aspetto concreto del diritto allo studio dei giovani medici“.