Classi pollaio/2. Sbarramento a 25 alunni per classe. Si può

Sembra più logico fare riferimento a limiti numerici più gestibili, come, ad esempio, quelli conseguenti all’indice di deflusso dall’aula previsto dal decreto del 1975 che prevede una presenza massima di 26 persone nell’aula (25 alunni + l’insegnante).

E’ uno dei paradossi della selva normativa che regolamenta il sistema di istruzione italiano: una norma (pienamente vigente) vieta che ci siano più di 25 alunni, un’altra ne prevede fino a 30. Ma tant’è. 

Se si assume il limite di 25 alunni per classe – che si può ritenere certamente più ragionevole dal punto di vista della gestione didattica, almeno come limite massimo – come spartiacque tra la normalità e le classi pollaio, vi sono 31 mila classi (30.829) con oltre 25 alunni: 4.937 sezioni di scuola dell’infanzia, 3.283 classi di scuola primaria, 4.258 classi di scuola secondaria di I grado e ben 18.351 di II grado.

31 mila classi con oltre 25 alunni sono l’8,6% di tutte le classi attivate. Non sono poche, ma si potrebbe aggredirle con un piano di graduale riorganizzazione. Con l’ordinanza in deroga si poteva già intervenire in vista dell’anno scolastico 2020-21. L’obiettivo era a portata di mano, sfruttando appunto anche il dispositivo contenuto nell’art. 231-bis del decreto legge 34 “Rilancio”.

Si sarebbero potuti ottenere contestualmente due obiettivi: rispettare il parametro di deflusso e ridurre la numerosità delle classi a limiti più gestibili e conformi alle misure anti-covid.

La riduzione della numerosità delle classi può infatti favorire il distanziamento, nonché una più funzionale organizzazione della classe e della gestione didattica. Un obiettivo che va comunque tenuto presente per il futuro.

Certamente ci si porrà una domanda: ma quanto costerebbe? Se si fosse potuto fare si sarebbe già fatto, risponderà qualcuno prima di conoscere i calcoli. E invece un’analisi ragionata può portare a evidenze diverse. Vediamo perché.