Chi ha paura della DaD? L’elogio della ‘classe’ di Asor Rosa

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Nel dibattito in corso sulla validità pedagogica della didattica a distanza (e, sullo sfondo, della scuola digitale) scendono in campo i sindacati, le associazioni professionali e anche alcuni intellettuali prestigiosi come Alberto Asor Rosa, particolarmente critico verso qualunque alternativa alla didattica in presenza.

In un articolo pubblicato dalla Repubblica, intitolato ‘Scuola, elogio della classe’, l’illustre (ma anche spesso discusso) italianista scrive di non credere che esista “strumento pedagogico più straordinario, sia dalla parte dello studente sia dalla parte dell’insegnante, della classe”, e che “In una classe scolastica persino la pedatina che lo studente appioppa al suo compagno sotto l’ala protettiva del proprio banco, persino l’occhiata dell’insegnante che la percorre da cima a fondo per trasmettere un avvertimento, un suggerimento, un ammonimento, rappresentano materia costitutiva del sapere scolastico, mentre si forma, quando si forma per la possibilità concreta di essere e diventare un sapere. Insomma: la ‘comunità fisica’ è un coefficiente indispensabile di una ‘comunità intellettuale’ funzionante”.

Una visione del ruolo dell’insegnante, quella di Asor Rosa, molto tradizionale – i suoi critici la chiamano ‘gentiliana’, i suoi sostenitori ‘gramsciana’ – che definisce l’insegnamento come “un gettito di notizie, informazioni, suggerimenti, suggestioni, indicazioni, comportamenti, esempi (sì, anche di esempi), che scende (almeno parzialmente) dall’alto sullo studioso-studente, che cerca di recepirne la maggior parte possibile e, se ne è in grado (e sempre più nel corso degli anni dovrebbe esserlo), la fa propria, l’assume e la rielabora, fino a realizzare un punto di vista proprio sempre più maturo e autonomo”.

Una perfetta descrizione del ruolo dell’insegnante di un tempo, inserito in una scuola severa e selettiva, nella quale il rapporto tra docente e discente era totalmente verticale, trasmissivo e unidirezionale: da “chi sa” a chi “non sa”. Una scuola che ha fallito, che è rimasta selettiva e di fatto elitaria senza più essere formativa, e che annoia gli studenti. Oggi serve una didattica più coinvolgente e orizzontale, individualizzata e motivante, che va adottata sia in presenza che a distanza cogliendone i vantaggi (e con le opportune contromisure rispetto ai limiti), con largo impiego delle nuove tecnologie (viste ovviamente come strumento e non come fine). Per alcuni aspetti, e con tutti i suoi limiti, il massiccio ricorso alle TIC nelle esperienze di didattica a distanza di massa realizzate in questi mesi di chiusura delle sedi fisiche delle scuole va in quella direzione, e sarà difficile tornare indietro. (O.N.)

Insensato a nostro avviso contrapporre DIP e DAD (didattica in presenza e a distanza…): http://www.tuttoscuola.com/didattica-in-presenza-se-possibile-e-a-distanza-se-serve-insensato-contrapporle/