Un grave vulnus nelle sentenze dei TAR

Il Testo Unico delle norme sull’istruzione (decreto legislativo n. 297/1994) emanato il 16 aprile 1994 prevedeva all’art. 270 che “Nei concorsi per titoli ed esami per l’accesso ai predetti ruoli la valutazione dei titoli culturali, artistici e professionali precede le prove di esame, alle quali sono ammessi coloro che hanno riportato un punteggio superiore a 15/30”.

Poiché il punteggio di 15/30 corrisponde a cinque decimi, per il superamento delle prove scritte bastava raggiungere i sei decimi (18/30). In questo senso i vecchi concorsi della scuola prevedevano il superamento degli scritti almeno con i sei decimi o votazione corrispondente.

Pochi mesi dopo la pubblicazione del Testo unico delle norme sull’istruzione, veniva emanato il “Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi” (DPR 9.5.1994, n. 487) che introduceva nuove regole sui concorsi pubblici – compresi quindi quelli della scuola – tra cui quelle relative alle votazioni da assegnare alle prove.

In proposito l’art.7 (concorso per esame) prevedeva che “Conseguono l’ammissione al colloquio i candidati che abbiano riportato in ciascuna prova scritta una votazione di almeno 21/30 o equivalente”.

Il voto minimo per il superamento delle prove non era più, quindi, pari a sei decimi (30/50mi), bensì pari a sette decimi, cioè 21/30, corrispondenti a 35/50mi.

I bandi dei concorsi per titoli ed esami emanati per la scuola nel 1999 recepivano obbligatoriamente i nuovi criteri dei concorsi pubblici, citando sempre nel preambolo del relativo decreto ministeriale il DPR 487/1994. E con quelle votazioni minime di sette decimi nel 2000 i concorsi si sono svolti regolarmente.

I bandi dei recenti nuovi concorsi per il reclutamento dei docenti hanno previsto ovviamente il punteggio minimo di 35/50mi per il superamento delle prove scritte.

L’Anief ha impugnato quei bandi, ha fatto riferimento alla vecchia norma (superata) del Testo Unico, ignorando (volutamente?) il DPR 487, e ha organizzato una raffica di ricorsi a favore dei candidati che avevano raggiunto i 30/50mi senza conseguire però i richiesti 35/50mi.

Centinaia o migliaia di candidati hanno aderito (pagando) e diversi di loro hanno ottenuto dai TAR (ultima sentenza a Trento) l’ammissione agli orali con un voto di 30/50mi con possibile conseguente immissione in ruolo.

In tutta questa vicenda non stupisce tanto l’azione dell’Anief che fa disinvoltamente il suo mestiere, quanto piuttosto la posizione dei giudici amministrativi e dell’Avvocatura dello Stato. Quando si dice certezza della legge…