Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

BES, attacco a tutto campo del prof. Israel

L’edizione nazionale de ‘Il Messaggero’ di domenica 8 settembre ha ospitato un lungo intervento del prof. Giorgio Israel, in cui il noto esperto, dopo aver parlato, anche in termini positivi, degli impegni del ministro Carrozza sui bonus della maturità, sull’edilizia scolastica e sulle bocciature, si sofferma sui BES (Bisogni Educativi Speciali), esordendo così: “Si vuole che la scuola sia un centro d’istruzione oppure un luogo di educazione sociale complessiva? La prima veduta è l’unica consona a una democrazia liberale: si forniscono agli studenti conoscenze e capacità adatte a compiere scelte di vita. La seconda è più consona a una visione totalitaria: la scuola invece di limitarsi a trasmettere conoscenze, interviene nel forgiare personalità, assume un ruolo di costruzione sociale”.

Israel ricorda la recente legge sui Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), verso la quale aveva nutrito a suo tempo ampie riserve, rilevando che le cose sono andate “peggio del previsto, il numero di diagnosi aumenta a dismisura, probabilmente per il desiderio di certe famiglie di garantire un percorso semplificato ai loro figli, per la pigrizia di alcuni insegnanti e per l’interesse di alcune corporazioni”. Ma, secondo Israel, “la medicalizzazione della scuola sta progredendo in modo inquietante, riducendo sempre di più gli spazi disciplinari.

I DSA rischiano di essere poca cosa rispetto alla valanga che promettono di essere i BES.La loro recente normativa trasforma la funzione istituzionale della scuola da centro di istruzione a centro assistenziale globale”.

Dopo aver richiamato la direttiva ministeriale nella parte che identifica le numerose tipologie di BES, afferma polemicamente che “entro una simile definizione non si sa cosa non possa rientrare. Non esiste una sola istituzione che abbia tante funzioni.

L’insegnante verrà sommerso da una miriade di attività, coinvolto in una moltiplicazione parossistica di organismi quali GLI, composto da ‘educatori culturali’, assistenti alla comunicazione, genitori, esperti istituzionali o in convenzione, che dovrà, niente meno, formulare un PAI (piano annuale di inclusione).

È lecito chiedersi cosa mai resterà della didattica disciplinare in tutto questo.

Il solo menzionare parole come storia, matematica o italiano di fronte al colosso universale dell’inclusività suona derisorio. È ragionevole attribuire alla scuola il compito universale di risolvere qualsia problema della vita dei singoli? È un costruttivismo sociale paranoico che nessun organismo, neppure la società nel suo complesso, può assolvere né dovrebbe assolvere.

È il caso di fermarsi prima di imboccare con tanta leggerezza una svolta epocale che – è facile profezia prevederlo – può finire solo in un insuccesso clamoroso che travolgerà nelle rovine anche la funzione dell’istruzione”.

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