Mobilità dei docenti: per contratto o per legge?

Mobilità dei docenti e continuità didattica sono due principi che fanno spesso a pugni tra di loro e dividono i docenti (che invocano il diritto alla mobilità del posto) e i genitori (che reclamano il diritto alla stabilità degli insegnanti). Due diritti inconciliabili, per ora.
Nell’ambito della trattativa sindacale presso l’Aran, relativamente all’attuazione dell’art. 43 del contratto (definizione delle modalità di attuazione delle disposizioni applicative della riforma), è stato posto il problema della competenza per decidere la mobilità degli insegnanti, preoccupati da un’invasione di campo della legge di riforma.
La legge delega di riforma prevede in proposito che “il miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione, nonché la continuità didattica, sono assicurati anche attraverso una congrua permanenza dei docenti nella sede di titolarità“.
Il decreto legislativo 59/2004 ha tradotto tale previsione per i docenti di primaria e di secondaria I grado, prevedendo una soluzione minima di due anni di permanenza (la durata di un periodo didattico biennale) sulla stessa scuola per garantire la continuità didattica.
Ma i sindacati non ci stanno, e dopo avere ottenuto la non applicazione della norma per il primo anno, hanno già dato un altolà al Miur, rivendicando la mobilità come materia di esclusiva competenza contrattuale.
Tutor, portfolio, mobilità: continua il confronto/scontro sui vincoli della riforma.