Polemiche sulla chiamata diretta dei docenti

La proposta di legge della Regione Lombardia che prevede la chiamata diretta dei docenti da parte delle scuole, sia pure limitatamente alle supplenze e a titolo sperimentale, trova la netta contrarietà dei sindacati.

Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola, parla in una nota di “intervento che invade le competenze dello Stato in materia di reclutamento prefigurando una inaccettabile ‘balcanizzazione’  del sistema scolastico”.

Durissimo anche Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, che chiede al ministro Profumo di “esprimere immediatamente un parere negativo” sulla legge regionale e parla di “deriva secessionista della Giunta Lombarda in materia d’istruzione”.

L’Anief (Associazione professionale sindacale) annuncia che anche in questo caso farà ricorso in Tribunale per opporsi all’art. 8 della legge regionale, palesemente contrastante con la Costituzione. “La giunta lombarda, sostiene in una nota, si sta assumendo una responsabilità enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovrà spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici.

Di “segnale molto positivo per tutto il mondo della scuola” parla invece Roberto Gontero, neo presidente di AGeSC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche), a cui giudizio “chi si oppone non lo fa per ragioni didattiche o pedagogiche, ma solo perché teme che possano venir meno quei superati meccanismi burocratici che regolano le assunzioni dei docenti in Italia, opponendosi a ogni volontà di reale cambiamento”.

Assolutamente contrari alla chiamata diretta sono i precari, che annunciano una manifestazione per il 21 aprile prossimo. Un comunicato del coordinamento 3 ottobre di Milano, una delle loro organizzazioni, sostiene senza mezzi termini che  “questa sperimentazione lombarda limiterà fortemente la libertà d’insegnamento dei docenti asservendoli ai dirigenti scolastici dei singoli istituti che avrebbero diritto di vita e di morte sui docenti neoassunti sempre più precarizzati e aumenterà il rischio di clientelismo e nepotismo nella selezione dei docenti”.