C’erano una volta le ‘tre i’

Di fatto, tra tocchi e ritocchi, fughe avanti e marce indietro, la scuola italiana è rimasta fondamentalmente la stessa. L’era berlusconiana si conclude dunque con un nulla di fatto con l’eccezione forse, e con molte limitazioni, della tematica della valutazione di sistema.

Eppure le premesse e le promesse di cambiamento, quelle evocate dalle “tre i” (internet, inglese, impresa), slogan berlusconiano della campagna elettorale del 2001 – ma anche possibile scenario di modernizzazione – avrebbero potuto condurre in teoria a un esito diverso. In teoria, perché in pratica nessuna delle due ministre di lungo corso nominate da Berlusconi (cinque anni la Moratti, tre e mezzo la Gelmini) ha saputo tradurre quello slogan, che pure conteneva una intuizione non banale, in una strategia di cambiamento.

Entrambe hanno finito per dare continuità al sistema scolastico tradizionale: Moratti con il suo riformismo inconcludente e Gelmini con una politica della lesina condita da appelli meritocratici.

Nella politica scolastica, come peraltro anche in altri campi, Berlusconi e il berlusconismo hanno così dimostrato di essere soprattutto poderose macchine del consenso, capaci di suscitare aspettative e di vincere le elezioni, ma non di governare in modo efficace e innovativo. Il risultato è che la scuola nel nostro Paese è cambiata pochissimo proprio in un periodo in cui l’esigenza del cambiamento è diventata sempre più forte.