Caro (futuro) ministro dell’Istruzione, aiuti la scuola a realizzare il compito per cui è stata pensata

Caro Futuro Ministro, o Ministra, non si sa mai,

al momento non la conosciamo ancora, quindi possiamo permetterci di scriverle per avanzare richieste, forse all’apparenza poco consone e sognare insieme una scuola migliore, veramente degna della nostra nazione.

Negli ultimi anni i suoi predecessori sono stati molti attivi nel cercare di migliorare la scuola italiana, in alcuni casi ottenendo buoni risultati, in altri perdendo migliaia di voti. La scuola è un organismo molto particolare, che va conosciuto, ma dall’interno. Ha logiche tutte sue, leggi non scritte, ma diffuse da Nord a Sud. Se vorrà essere apprezzato da chi la scuola la vive e la fa, sarà bene aver presente questo codice non scritto, che però è alla base del buon rapporto con docenti, dirigenti e personale amministrativo.

Un linguaggio che si base su alcuni principi ineludibili, che potrei sintetizzare nelle tre R: rispetto, riconoscimento e relazione. Come vedrà sono parole legate l’una all’altra, che rimandano a un preciso modello di scuola.

Il rispetto, sempre presente a parole, non sempre è stato praticato verso i professionisti della scuola. Per rispetto intendiamo in primis un riconoscimento economico degno del ruolo professionale e del servizio che tutto il personale scolastico svolge. Non è giusto che i Dirigenti Scolastici siano tra i dirigenti dell’amministrazione pubblica ad essere i meno pagati e sono inaccettabili gli stipendi di docenti e amministrativi. Se è giusto guardare al modello europeo per il modo di far scuola, anche gli stipendi devono essere in linea con la media europea. Siamo certi che anche lei parlerà di questo e dirà che gli stipendi del comparto scuola sono bassi; le chiediamo un favore, almeno per una volta, oltre a dirlo, lo faccia, sarà ricordato nei secoli e amato per sempre.

Il rispetto non è solo nella retribuzione, tanto per usare ancora una parola che inizia con la R. Il rispetto è anche nel riconoscimento di un ruolo che per troppo tempo è stato sminuito, ridicolizzato, messo alla berlina, in primis, ahimè, da una certa stampa di settore. Per ridare dignità al ruolo serve ridefinire le responsabilità dei professionisti dell’educazione, garantendo sostegno e collaborazione. Non è possibile che i docenti siano in balia dei genitori, che le bocciature vengano ribaltate dai Tribunali Amministrativi, che si chieda di recarsi in gita con 40 adolescenti euforici esigendo che all’indomani si sia a scuola di nuovo. Riconosciamo al docente il ruolo di esperto della materia, ma anche di professionista dell’educazione; diamogli la possibilità di non essere un freddo burocrate, alleggeriamo l’enorme carico di scartoffie da compilare, riconosciamogli la possibilità di segnare positivamente la vita dei giovani che incontra, come l’etimologia della parola insegnante suggerisce. A lato di questo le chiediamo, scusi se ci permettiamo, di impegnarsi nella difesa della classe docente contribuendo a smorzare le fake news che delegittimano docenti e DS: facciamo vedere come lavorano, magari in condizioni critiche, altro che “tre mesi di vacanza” e “a casa a Natale e Pasqua”! Mostriamo le scuole di Lampedusa, di Prato dell’Esquilino di Roma dove l’Intercultura è pratica quotidiana e di eccellenza. Sveliamo le buone pratiche didattiche, il Service Learning, il DADA, la peer education, per far capire che non basta avere una laurea in chimica per insegnare, oggi più che mai, chimica. Facciamo conoscere il terribile iter che deve seguire un laureato per poter insegnare. Mostriamo la scuola vera, per favore, caro signor Ministro.

La scuola vera che non può più essere quella del nozionismo e della trasmissione di contenuti omologanti, ma che per rispondere alle molte richieste dell’attuale società, deve necessariamente essere la scuola del dialogo, dell’incontro, delle buone relazioni. Chiunque abbia messo almeno una volta piede in aula sa che a scuola si vive di relazioni e che quando le relazioni non sono sane, come ad esempio nei casi di bullismo, ci si ammala. Si ammalano i nostri alunni, i docenti, l’intero sistema, perché, come un organismo vivente, se qualcosa non funziona è l’intero corpo a soffrirne. Ci aiuti a migliorare le relazioni nella scuola, ce ne dia la possibilità. Istituiamo, come in altri Paesi, la figura dell’educatore, che non avendo compiti didattici, si potrà dedicare al miglioramento del clima e delle relazioni scolastiche. Ci aiuti ad individuare modalità di governance e di leadership che permettano la crescita integrale per i nostri alunni e un miglioramento delle condizioni di lavoro dei professionisti della scuola.

Caro signor Ministro, la chiudiamo qui, altrimenti rischiamo di chiedere troppo. La scuola, ne siamo convinti, è la più bella delle sfide possibili. Non è un caso che tra i politici più apprezzati, come Mattarella, Moro e Luigi Berlinguer abbiano servito la Patria anche attraverso questo delicato Ministero. Aiuti la scuola a realizzare il compito per cui è stata pensata, per dirla parafrasando Jacque Maritaine, cioè a rendere l’uomo più uomo. Se partirà dalle donne e dagli uomini che combattono tutti i giorni per una scuola migliore, più viva e rispettata, queste donne e uomini non lo dimenticheranno.

Auguri di cuore, caro futuro, signor Ministro.