Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Caproni, bici a ruote quadrate e app: la Maturità incontra la didattica per competenze?

Chi diamine fosse questo Caproni, mercoledì mattina ce lo siamo chiesti in molti. Personalmente mai sentito, faccio mea culpa e ammissione di profonda ignoranza. A scuola mai incontrato e, ahimè, neanche nella vita. Se fossi stato tra i maturandi che tanto stanno infiammando le riflessioni di educatori ed insegnanti di questi giorni, probabilmente non lo avrei scelto. Non era nel programma dicono i più, invece sì, rispondono altri che sono addirittura arrivati a studiare gli autori presenti nella seconda parte del manuale di letteratura italiana del quinto anno (il mio, ricordo bene, rimase quasi inviolato e lo riuscii a vendere a un buon prezzo come “quasi nuovo”). A riprova della poca conoscenza del poeta e del suo lavoro abbiamo la percentuale degli studenti che hanno scelto di cimentarsi nell’analisi del testo poetico che supera di poco il 12%.

Riflessioni analoghe vennero fatte nel 2013, quando fu proposto Claudio Magris, “saggista e studioso della cultura mitteleuropea. Autore di testi narrativi e teatrali”, così diceva la traccia. Una sorta di presentazione frettolosa, giusto per conoscere il signore comparso improvvisamente nella vita di migliaia maturandi.

Dall’italiano passiamo alla matematica, dalla prima alla seconda prova. I maturandi del Liceo scientifico, armati di penne, matite, calcolatrici e di tutte le nozioni digerite in questi anni si sono trovati davanti a una domanda bizzarra: “Si può pedalare agevolmente su una bicicletta a ruote quadrate? A New York, al MoMath-Museum of Mathematics si può fare, in uno dei padiglioni dedicati al divertimento matematico”[1], mentre i loro colleghi degli istituti tecnici informatici si sono trovati davanti a una situazione abbastanza attuale: “Un’azienda start-up vuole costruire una piattaforma Web che consenta il car pooling tra viaggiatori sul territorio nazionale, con l’obiettivo di diffondere l’uso di una mobilità flessibile e personalizzata in termini di percorsi e costi.”[2]

A questo punto una riflessione ci sembra d’obbligo. Cosa sta succedendo alla scuola superiore? Sta forse riducendo l’enorme gap tra scuola e vita che da sempre la caratterizza, per incontrare la realtà? O forse sta riproponendo in forma “di esercitazione” i soliti quesiti teorici? Inizia anch’essa a prendere in considerazione le riflessioni presenti nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo del primo ciclo, nelle quali si legge che al centro degli ambienti di apprendimento va messo l’alunno, con le sue capacità, la sua storia, la sua vita? Per ora abbiamo solo indizi, vediamo se riusciremo ad averne almeno tre per fare una prova.

Primo indizio, l’Alternanza Scuola Lavoro nell’esame di Stato.

Accolta con un misto di preoccupazione, ironia e molti dubbi da una gran fetta dei docenti dei licei, l’Alternanza, tra luci e ombre, inizia a prendere piede. Che piaccia o no, dall’anno scolastico 2018/19 essa entrerà, anzi irromperà nell’esame di Stato. Fino a quel momento, e tutt’ora è così, il punteggio massimo di crediti acquisibile nell’ultimo triennio era solo di 25 punti. Tra due anni invece, uno studente con intraprendenza nel lavoro di alternanza, capace di risolvere problemi e di mediare tra posizioni diverse, anche se non brillante nella conoscenza di Seneca e Platone, potrebbe avere fino a 40 crediti, prima di iniziare l’esame di maturità. Decisamente un bel bottino. Questo aspetto, forse poco noto, sottolinea un fatto di non poco conto. Il percorso conta più della capacità legata a una singola prestazione. La perfomance sembra lasciare il passo alla competenza, la conoscenza mnemonica alla capacità di applicare ai contesti reali quanto si è imparato nelle aule scolastiche, improvvisamente concepiti come luoghi aperti e di incontro tra con la vita reale degli alunni.

Secondo indizio, “dentro e fuori il programma”

Dedico gran parte della mia vita all’incontro  con docenti di tutta Italia per promuovere una didattica per competenze che sia in grado di promuovere apprendimenti significativi e etici[3]. I docenti del primo ciclo sono molto più inclini ad accogliere queste proposte, molto meno quelli del secondo ciclo. L’osservazione che più spesso mi viene rivolta è legata all’esame di Stato. “Non posso cambiare modo di fare didattica, non c’è tempo. Devo preparare gli studenti per l’esame di Stato. Devo finire il programma, ma come faccio con poche ore a settimana? Ho a disposizione solo la lezione frontale”.

Leggendo molte delle tracce uscite quest’anno all’esame di maturità, mi sembra che ci sia un cambiamento di prospettiva in corso. Cos’è veramente importante, conoscere la poetica di Caproni o possedere gli strumenti, disciplinari, curricolari e culturali, per riflettere su un brano poetico? Cosa avrebbe maggiormente aiutato i nostri maturandi, aver imparato, magari a memoria, versi e rime dell’autore livornese o conoscere, e magari amare, la poesia, la sua struttura, le sue bizzarrie e genialità? Ma la scuola delle nozioni, insegna ad amare la poesia? O, piuttosto, abitua gli alunni a ripetere informazioni?

Indizio numero tre, l’incontro con la realtà

Il rapporto tra scuola, società e realtà è stato affrontato da molti autori, da Dewey in poi. Nell’ultimo secolo abbiamo assistito a un susseguirsi continuo di riflessioni di maestri, insegnanti e pedagogisti che, anche con linguaggi profondamente diversi, hanno sottolineato l’importanza di un apprendimento che sia legato alla vita e non lontano da essa. Su tutti non possiamo non ricordare la figura di Don Lorenzo Milani, sacerdote e maestro che tra gli anni cinquanta e sessanta realizzò una scuola in grado di accogliere e valorizzare i ragazzi scartati dalla scuola di stato, ma anche personalità del calibro di Mario Lodi e più in generale le esperienze del Movimento di Cooperazione Educativa, nato nel 1951 con l’intento di promuovere le riflessioni e le pratiche educative del pedagogista Celestine Freinet, che portato in molte scuole italiane un approccio concreto, basato sulla realtà.

La scuola secondaria di secondo grado è sempre sembrata poco attratta, ovviamente con le debite eccezioni, da queste riflessioni, in quanto i suoi docenti consideravano il loro lavoro finalizzato soprattutto al superamento dell’esame di Stato, per antonomasia l’esame teorico per eccellenza.

Ma, come sembra, qualcosa sta cambiando, anche se solo nelle intenzioni per ora. Ai nostri ragazzi è stato chiesto di riflettere sulla possibilità di usare una bici con ruote quadrate e di promuovere una start – up che realizzi servizi di car pooling: anche se confrontassimo solo il lessico, potremmo notare un cambiamento di non poco conto. La vita è entrata, ancora in forma embrionale, nel polveroso esame di maturità, e l’osmosi tra scuola e realtà sembra, per lo meno, essere iniziato.

Diceva Agatha Christie: «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». La prova del cambiamento della scuola? Del passaggio irreversibile a una didattica attiva, in grado di promuovere le competenze di ciascun alunno? Non esageriamo.

La prova è che la scuola secondaria di secondo grado, volente o nolente, si è accorta che deve partire dai bisogni dei ragazzi che quotidianamente incontra. Li deve conoscere e riconoscere come soggetti attivi, capaci di realizzare start up ed e-commerce, di amare la poesia e il Latino, di saper fare l’analisi del testo anche di un autore sconosciuto. Ha capito che deve promuovere una didattica personalizzata, che un’alternativa alla lezione frontale forse c’è e che i nostri ragazzi ci chiedono molto di più della ripetizione sempre uguale degli stessi concetti. Ci chiedono coerenza e sfide affascinanti. E se questo accade in Italia, forse, una speranza ancora c’è.

[1] http://www.istruzione.it/esame_di_stato/201617/Licei/Ordinaria/I043_ORD17.pdf
[2] http://www.istruzione.it/esame_di_stato/201617/Istituti%20tecnici/Ordinaria/I044_ORD17.pdf
[3] La dimensione etica è soprattutto legata all’approccio del service Learning

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