Bullismo e dintorni/1. Tolleranza (quasi) zero

Per vietare agli studenti di usare i telefoni cellulari a scuola bastano atti amministrativi e delibere dei consigli di istituto, dice il ministro Fioroni, ma per impedire loro di portarli materialmente a scuola ci vorrebbe una legge. Altrimenti il preside o il professore che sequestrano gli apparecchi rischiano denunce per appropriazione indebita, abuso d’ufficio e altre fattispecie di reato scovate dall’inesauribile fantasia degli azzeccagarbugli, mobilitati da genitori apprensivi, o iperprotettivi, o semplicemente prepotenti.
Da un punto di vista legale probabilmente (la materia è spinosa) il ministro ha ragione, e con lui l’on. Alba Sasso (DS) e altri parlamentari di diverso orientamento politico che hanno sottoscritto proposte di legge in materia. Ma il problema di fondo in Italia è un altro, come risulta da varie indagini sociologiche e anche giornalistiche, perché ciò che è in crisi profonda in Italia, è il prestigio sociale dell’istituzione scuola, la sua autorevolezza agli occhi degli studenti e prima ancora dei loro genitori.
Per rilegittimare il ruolo istituzionale della scuola non serve, o meglio non basta una legge. Occorrerebbe un’iniziativa convergente di tutti gli interessati (insegnanti, genitori, pubbliche amministrazioni, magistratura, forze di sicurezza), sostenuta dall’intera classe politica, o dalla sua grande maggioranza (negli USA l’ultima grande legge sulla scuola, “No Child Left Behind” è stata approvata nel 2001 dal 90% dei membri del Senato). Occorre ridare “senso” all’apprendimento scolastico, come richiesto, per fortuna, anche da una parte degli studenti, ma per fare questo occorre ammodernarlo e renderlo stimolante utilizzando a fini educativi anche le novità tecnologiche.
La scuola deve risalire nella scala dei valori. Altrimenti ad arginarne la crisi non basteranno né il “decalogo” varato nei giorni scorsi dal ministro Fioroni, né il pugno di ferro di qualche preside “sceriffo” come quello ben descritto nell’inchiesta di “Repubblica” (17 marzo), e neppure una legge che vieti l’ingresso di cellulari, videogiochi portatili, palmari, ipod, microcamere e quant’altro sarà prodotto dall’industria dei gadget tecnologici.