Bocciare a scuola, si riapre il dibattito: è davvero questo il problema?

Lo scorso 31 agosto diverse testate hanno parlato di “bocciatura vietata” nella scuola primaria e secondaria di primo grado con non poca confusione e richiedendo un intervento della ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, a fare chiarezza. “Falso – ha dichiarato la Ministra con un comunicato stampa diffuso in serata – si tratta di semplificazioni che non entrano nel merito dei contenuti della legge e che ne travisano gli obiettivi“. E il dibattito su quanto sia più o meno giusto bocciare a scuola si riaccende contrapponendo rigore a buonismo con motivazioni spesso fondate su stereotipi del passato che non tengono conto di come sono i bambini oggi e di come è organizzata la scuola primaria.

Si è convinti che siano ancora le lacune che restano nello sviluppo della conoscenza a determinare tale situazione, ma i dati INVALSI sembrano smentire: la scuola primaria è l’unica a mantenere la capacità di miglioramento degli apprendimenti e quindi non ci sono segnali che giustificano la ripresa della selezione.

La maggiore preoccupazione è di carattere sociale, e cioè da un lato la popolazione manifesta problemi di disagio, che spesso si ripercuotono sui bambini, e dall’altro i comportamenti assunti dalla “generazione app” mettono in atto dinamiche relazionali difficilmente gestibili pur essendo la preparazione dei docenti generalmente adatta a seguire la crescita e l’alfabetizzazione a questa età. Ma qui la scuola ha bisogno di alleati: è bene riprendere il “contratto formativo” con le famiglie che troppo spesso usano i social in modo contrappositivo.

Per molti si dovrebbe recuperare l’organizzazione modulare del team docente, con diverse capacità di intercettare conoscenze precoci che i bambini acquisiscono all’esterno, rinforzando la collaborazione per gli aspetti relazionali e l’unitarietà formativa. Il maestro unico ha difficoltà soprattutto quando le classi sono molto numerose: tanti nella scuola primaria ritengono che vada ripristinato in modo stabile il modulo, piuttosto che cercare una compensazione che si rivela temporanea con l’organico di potenziamento.

Il dibattito è anche sul fronte docimologico. Chi è contro l’uso dei voti ritiene che favoriscono ansie competitive, e che se si descrivesse l’apprendimento per lo sviluppo e l’orientamento, anziché per la selezione, si verificherebbe quello che in sostanza è il vero obiettivo educativo: tutte le ricerche dimostrano che è la ripetenza l’anticamera dell’abbandono, ed il nostro sistema ha un alto tasso di dispersione.

Sarebbe anche il caso di chiedersi quanto costa alla comunità un anno da ripetere, per vedere se non sia il caso di investire quei soldi in strumenti per la crescita e il miglioramento.

Iscriviti a TuttoscuolaNEWS, la newsletter di Tuttoscuola, è gratis!
Ogni settimana ti aggiorneremo su tutte le novità relative al mondo della scuola e dell’educazione. Basta inserire il tuo indirizzo mail nel riquadro azzurro che si trova a destra in home page. Sarai sempre tempestivamente informato sulle iniziative di Tuttoscuola!