Bambini di 5 anni tra obbligo scolastico e anticipo della scuola elementare

La dichiarazione del ministro Giannini di volere sacrificare la durata triennale della scuola dell’infanzia per accorciare il percorso scolastico, ha spostato il dibattito e le polemiche dall’ipotesi quadriennale dei licei alla destrutturazione della scuola dell’infanzia e alla modifica dell’obbligo scolastico.

Secondo l’ipotesi-Giannini,  anticipando di un anno l’intero percorso scolastico, si potrebbe arrivare al diploma a 18 anni, anziché a 19 come accade ora, e l’abbreviazione di quell’anno comporterebbe la contrazione della durata della scuola dell’infanzia a due anni. In questo caso l’obbligo scolastico (prima elementare) inizierebbe a 5 anni.

La reazione contro tale ipotesi è stata forte, ma non generalizzata. In campo sindacale c’è stata la chiusura netta dei sindacati confederali (Cisl e Uil), ma un distinguo del sindacalismo autonomo. L’Anief ha condiviso in toto l’ipotesi, compresa la durata di soli due anni della scuola dell’infanzia. Lo SNALS ha parlato di obbligo scolastico a 5 anni, ma non per anticipare la scuola primaria, bensì per potenziare e generalizzare il terzo anno della scuola dell’infanzia.

Questo distinguo tra obbligo a 5 anni (dentro l’infanzia) e anticipo della scuola primaria a quell’età non è nuovo, tanto che aveva trovato sostenitori anche nei programmi elettorali delle politiche del 2013.

Senza entrare in considerazioni di ordine psicologico e pedagogico (e ci sarebbe tanto da dire) sulla scuola dell’infanzia ridotta a biennale, sull’anticipo a 5 anni della scuola primaria e dell’obbligatorietà dell’ultimo anno dell’infanzia, abbiamo voluto fare due conti sugli effetti dell’una o dell’altra ipotesi.