Autonomia differenziata. Gli insegnanti restano dipendenti statali

Alla fine della scorsa settimana le cronache hanno riferito in coro, con variazioni minime, che “l’articolo 12, che consentiva l’assunzione diretta di personale docente e non docente” da parte delle Regioni interessate all’autonomia differenziata,“è stato soppresso”, salvo che per un punto marginale, la possibilità per la Regione di prolungare fino a 7 anni l’obbligo di permanenza per i docenti in arrivo per concorso o trasferimento.

Quale fosse esattamente il contenuto di tale articolo 12 non è stato però possibile stabilirlo perché il testo base di cui faceva parte, redatto verosimilmente da Erika Stefani, ministra leghista degli Affari Regionali e dell’Autonomia del governo Conte, non è stato reso noto. È probabile che l’articolo 12 abbia provato a fondere in un unico testo le disposizioni in materia di istruzione contenute nelle bozze di Intesa sottoscritte nella precedente legislatura (governo Gentiloni) dalle regioni Lombardia e Veneto, ma se e come la ministra Stefani abbia proceduto all’unificazione di due normative per molti aspetti non coincidenti (quella della Lombardia appare anche più ‘autonomista’ di quella del Veneto) resta per ora un mistero.

Quello che hanno detto sbrigativamente i media è che l’articolo fantasma è stato bocciato per l’opposizione convergente del presidente Conte e del vicepresidente Di Maio, e in assenza dell’altro vicepresidente Salvini. Al quale i due governatori leghisti della Lombardia e del Veneto hanno subito fatto sapere che “Così io non firmo” (Fontana) e che “se sull’istruzione (la bozza) è come mi dicono, non la firmerò mai” (Zaia). Diversa la posizione del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini: “mi pare che il Governo stia riconoscendo, nei fatti, che il nostro progetto può diventare il punto di equilibrio per tutti. Che l’istruzione sia e debba rimanere un servizio nazionale, con insegnanti assunti e stipendiati dallo Stato, ma che le Regioni possano e debbano concorrere pienamente alla programmazione dei fabbisogni sia per gli organici che per l’edilizia scolastica, è esattamente la nostra proposta, avanzata per rafforzare la scuola, senza intaccare la sua funzione nazionale”.

Secondo il premier Conte, solo “un nodo politico è rimasto, quello dei Beni culturali”, che sarà affrontato in una “riunione a breve”. Sul resto, come in parte riconosce anche la Stefani, si è andati avanti (“Su sanità, ambiente, sviluppo economico sono state accolte le richieste delle Regioni”). Caso mai l’ostacolo più grosso è quello dell’autonomia finanziaria: “L’autonomia funziona se c’è quella finanziaria”, e su questo “non accetteremo nessun compromesso”.

Insomma, se la mediazione di Conte riesce la Lega, o meglio Matteo Salvini, si troverà a dover decidere se mandare avanti le Intese trangugiando la sconfitta sull’istruzione o avallare il rifiuto di Fontana e Zaia di sottoscriverle, magari per farne il leit motivdi una campagna elettorale. Se deciderà in questo secondo senso vorrà dire che punta sulle elezioni a breve termine.