Alternanza scuola-lavoro, dalla sperimentazione di nicchia alla generalizzazione

Alternanza scuola-lavoro/2

L’estensione a tutte le scuole secondarie superiori, compresi i licei, delle esperienze di alternanza scuola-lavoro era stata enunciata in termini generali già nella riforma Moratti del 2003 ma è stata resa di fatto obbligatoria e strutturale solo dalla legge 107/2015.

La Buona Scuola ha costretto migliaia di istituti ad avviare esperienze di alternanza che in passato erano state realizzate soltanto su base sperimentale – con la parziale eccezione del biennio post-qualifica dell’Istruzione professionale cogestito con le Regioni (Progetto ’92) – e in forma avanzata soltanto in presenza di circostanze eccezionali, come quelle che avevano reso possibile il modello Itsos negli anni settanta e ottanta: clima culturale e normativa favorevoli alla sperimentazione di modelli pluri-indirizzo a impianto unitario, forte motivazione del personale (preside e docenti, in parte scelti dalla stessa scuola in funzione della realizzazione del progetto), disponibilità e interesse del territorio (enti locali, aziende) a interagire con la scuola nella fase progettuale e in quella operativa, fermo restando il ruolo baricentrico della scuola. Ma soprattutto incardinamento dell’apprendimento sull’esperienza: laboratori e stage per gli studenti, formazione continua, ricerca-azione e responsabilità condivisa per i docenti, rendicontazione sociale per la scuola.

Su queste caratteristiche delle migliori esperienze ‘storiche’ di ASL, rimaste comunque nel tempo un fenomeno di nicchia, e sulla difficoltà di riutilizzarle oggi come modelli di riferimento, come pure sarebbe utile e consigliabile, nell’attuale fase di istituzionalizzazione generalizzata dell’ASL (per sostenere la quale anche Tuttoscuola ha messo in campo il portale tuttoalternanza.it), sono intervenuti Domenico Simeone, docente di Pedagogia dell’Università Cattolica e Aldo Tropea, coordinatore della Rete regionale lombarda delle scuole in alternanza. Essi hanno insistito, in particolare, sull’importanza di riproporre quella sintesi di conoscenze ed esperienze, teoria e prassi, flessibilità e rigore metodologico, che aveva caratterizzato il modello Itsos, ma che nell’attuale contesto si scontra – ancor più che allora – con le troppe rigidità degli ordinamenti vigenti.