Accordo tradito: i precari della scuola dovranno attendere

Dopo mesi di attese e di promesse, alcuni mesi fa i sindacati della scuola avevano deciso la proclamazione dello sciopero generale per il 17 maggio, a ridosso delle elezioni europee: una scelta strategica per obbligare il Governo a venire a patti. E il Governo a patti c’era venuto, ottenendo la revoca dello sciopero che avrebbe potuto avere effetti negativi sull’elettorato.

Soltanto i sindacati minori avevano mantenuto inutilmente lo sciopero, delusi da un accordo che giudicavano al ribasso e, soprattutto, convinti della non affidabilità del Governo che a loro parere si sarebbe rimangiato la parola data, a elezioni avvenute.

Passata la festa, gabbato lo santo? Sembra proprio di sì, soprattutto per le misure più urgenti che il Governo avrebbe dovuto adottare relativamente all’annoso problema del precariato.

I sindacati firmatari di quell’accordo in un comunicato unitario hanno dovuto constatare, a denti stretti, che il Governo non è stato di parola.

Il nulla di fatto su reclutamento e abilitazioni– esordisce il comunicato – nel Consiglio dei ministri, gioca negativamente sul destino professionale di decine di migliaia di persone e sul regolare avvio del nuovo anno scolastico. Doveva essere utilizzato il primo veicolo normativo utile: queste le intese nell’accordo sottoscritto al MIUR”.

Sotto accusa, in particolare, il premier Conte che, nel sottoscrivere l’accordo del 24 aprile, aveva anche dichiarato:  “Andiamo avanti sulla via del dialogo, con l’obiettivo di superare le vertenze di un comparto troppo a lungo trascurato dai precedenti governi. Il nostro obiettivo è rilanciare e far ripartire il sistema Italia. Continuerò a visitare le scuole italiane, nella consapevolezza del ruolo fondamentale che esse svolgono, in una prospettiva inclusiva e solidale, nella costruzione di un futuro migliore, più umano e più giusto, per il nostro Paese”.

Ci risulta– prosegue il comunicato sindacale – che il Ministro dell’Istruzione abbia reso noti per tempo sia i testi da assumere come emendamento in un provvedimento di legge in corso d’esame (DL Crescita), sia le ragioni d’urgenza di cui tenere conto per garantire tempestività ed efficacia alle misure individuate. Evidentemente non vi è stato in Consiglio dei Ministri un sufficiente coordinamento, il che chiama in causa direttamente le responsabilità del Presidente del Consiglio”. 

Con le ferie alle porte anche per il Parlamento, è evidente che l’applicazione dell’accordo dovrà slittare – se tutto va bene – all’autunno.

I sindacati non possono che concludere con un rassegnato pro-memoria: “A questo punto non possiamo non ricordare al Premier gli impegni assunti, a nome del Governo da lui presieduto, con la sottoscrizione dell’intesa del 24 aprile a Palazzo Chigi: in particolare quello di riconoscere e valorizzare l’esperienza di lavoro del personale precario, individuando modalità che agevolino l’immissione in ruolo di chi lavora nella scuola da più di 36 mesi”.