Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Abbattere la discontinuità didattica è utopia

C’è un problema antico che anche il nuovo ministro dell’Istruzione, prof. Marco Bussetti, si troverà sul tavolo di lavoro e, se vorrà, potrà affrontare (ma forse non risolvere del tutto): la discontinuità didattica.

La discontinuità didattica ha molte sfaccettature e molti fattori da cui dipende, a cominciare dall’eccessivo numero di posti assegnati annualmente a docenti con contratto a tempo determinato che raramente vengono confermati sulla stessa cattedra l’anno successivo.

I dati ufficiali

Secondo gli ultimi dati ufficiali del Miur (portale dati a.s. 2016-17), i docenti non titolari sono stati quasi 126 mila (125.832) di cui circa 16 mila (15.943) con nomina annuale e quasi 110 mila (109.889) con contratto fino al termine delle attività.

Se si considera che nello stesso anno scolastico i posti di docente attivati, tra posti comuni, di sostegno e di potenziamento, sono stati complessivamente 823.122, significa che i 125.832 posti assegnati annualmente a docenti non titolari saranno soggetti alla discontinuità didattica, per una percentuale del 15,3%, cioè un posto ogni sette non è stabile.

Ma anche sui docenti titolari non si scherza in fatto di non continuità didattica.

I sindacati hanno ottenuto contrattualmente di non vincolare i docenti alla sede ottenuta per trasferimento, seconda la logica della mobilità libera.

Poco più di dieci anni fa nella riforma del ministro Moratti venne previsto l’obbligo di permanenza nella stessa sede per almeno un biennio con l’intenzione di frenare (poco poco) la mobilità dei docenti e salvaguardare (poco poco) la continuità didattica.

I sindacati, usufruendo allora del potere di derogare norme di legge in contrasto con le norme contrattuali, deliberarono la disapplicazione di quella disposizione legislativa, liberalizzando nuovamente la mobilità dei docenti, in barba al diritto degli alunni.

L’ultimo sfregio alla continuità didattica è venuto dal decreto legislativo n. 66/2017 sull’inclusione scolastica. Nonostante vi fosse la chiara disposizione nel testo di delega di vincolare per anni alla sede di servizio il docente di sostegno, il decreto si è svincolato dalla delega e ha confermato il vincolo del docente di sostegno a permanere in questa tipologia di ruolo, mantenendo soltanto l’obbligo quinquennale a restarvi, con diritto, comunque, di muoversi da sede a sede, in barba al diritto alla continuità didattica dell’alunno con disabilità.

Riuscirà il ministro Bussetti ad anteporre effettivamente il diritto degli alunni all’interesse del personale? Magari non mancherà la buona volontà per farlo, ma sarà difficile che ci riesca.

 

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