Speciale Riforma

Il 12 marzo il Parlamento ha definitivamente approvato il disegno di legge delega di riforma della scuola, la cosiddetta riforma Moratti. Riportiamo in quest’area analisi, dati, documenti per comprendere i contenuti e le conseguenza del nuovo impianto del sistema formativo.

Il testo della legge

1. Riforma: il cammino a ostacoli che attende il ministro Moratti
2. L’agenda della riforma/1: un piano finanziario entro 90 giorni
3. L’agenda della riforma/2: le norme attuative da mettere in fila
4. La prima tappa a settembre per un milione di alunni
5. Prima di tutto gli anticipi/1: nella primaria per 89 mila bambini
6. Prima di tutto gli anticipi/2: nella scuola dell’infanzia per 91 mila bambini
7. Obbligo scolastico: s’accorcia o si allunga?
8. Istruzione e formazione professionale: un matrimonio difficile
9. Cosa cambia, grado per grado di scuola

1. Riforma: il cammino a ostacoli che attende il ministro Moratti

Ora c’è la legge. Manca la riforma. La concessione della delega al ministro da parte del Parlamento è solo l’inizio di un percorso che durerà alcuni anni, e che rischia di incontrare ostacoli a ogni curva. Capitò anche all’Ulivo che, dopo un lungo e travagliato iter parlamentare, varò la riforma dei cicli, ma non riuscì, in un anno e mezzo, a farla decollare.
Per il ministro Moratti questo è forse il momento più difficile: tradurre in norme di attuazione la riforma e farla camminare effettivamente non è cosa di poco conto. Ma il conto alla rovescia è cominciato: si dovrebbe partire già dal prossimo settembre con la scuola dell’infanzia e i primi due anni dell’elementare. Tra meno di 180 giorni quindi la nuova scuola dovrebbe essere realtà per oltre un milione di alunni, 100 mila docenti, in circa 8 mila scuole.
Quali le tappe per arrivare all’operatività della legge?
Sono almeno due i percorsi da battere: il piano finanziario (con ben 11 aree di intervento) e le norme attuative (decreti legislativi, regolamenti di attuazione e decreti ministeriali). Il perfezionamento delle norme richiede autorizzazioni e pareri da ottenere da parte di vari soggetti istituzionali (Conferenza unificata Stato-Regioni, Consiglio dei Ministri, Consiglio nazionale della pubblica istruzione, Commissioni parlamentari, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, etc).
Vediamo in dettaglio l’agenda della riforma e le possibili insidie che il ministero dovrà fronteggiare. Tenendo presente che la legge approvata è di principio e le norme attuative della delega devono costruire l’”architettura” del nuovo sistema di istruzione e formazione. La parte tecnica relativa ai contenuti, ai nuovi curricoli, ai nuovi orari di lezione, al portfolio, ai laboratori, etc, rappresenterà invece un ulteriore fronte di intervento, sul quale il ministero dell’istruzione ha già diffuso dei documenti (le “indicazioni nazionali” per la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado). La partita insomma è solo alle prime battute, e molti sono i nodi ancora da sciogliere.

 

2. L’agenda della riforma/1: un piano finanziario entro 90 giorni

Il piano programmatico finanziario va predisposto entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, e, dopo aver acquisito l’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni (e non sarà un passaggio facile), deve essere approvato in Consiglio dei Ministri (anche questo un passaggio per nulla formale, si ricordi quanto accaduto quest’estate per la sperimentazione nella scuola dell’infanzia ed elementare). Agli oneri quantificati nel piano programmatico si provvederà “compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria” (art. 7 c. 6). Occorreranno parecchi milioni di euro, da impegnare in un arco almeno quinquennale, per dare attuazione ad ogni aspetto della riforma attraverso successive leggi di finanziamento. Poiché la manovra 2003 non contiene alcun stanziamento, non è difficile prevedere che aspetti significativi potranno essere attuati solo dall’anno scolastico 2004-2005.
Ma quante sono le aree di intervento per nuovi finanziamenti che derivano dalla legge? Almeno 11. Eccole:

Piano programmatico di interventi finanziari per
– la riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la loro attuazione
– lo sviluppo e la valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche
– l’istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico
– lo sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche
– lo sviluppo dell’attività motoria e delle competenze ludico-sportive degli studenti
– la valorizzazione professionale del personale docente;
– le iniziative di formazione iniziale e continua del personale;
– il concorso al rimborso delle spese di autoaggiornamento sostenute dai docenti
– la valorizzazione professionale del personale ATA)
– gli interventi di orientamento contro la dispersione scolastica
– gli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore
– gli interventi per l’educazione degli adulti
– gli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica.

 

3. L’agenda della riforma/2: le norme attuative da mettere in fila

Contemporaneamente al piano finanziario dovranno essere predisposti anche i decreti legislativi per far partire la riforma a settembre (prime due classi della primaria). Dovranno essere sentiti il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, la Conferenza unificata Stato-Regioni e, infine, le Commissioni parlamentari.
Se si corre, i decreti potrebbero essere varati anch’essi prima dell’estate.
Poi, nei mesi successivi, sarà la volta dei Regolamenti di attuazione, dai contenuti più concreti e operativi, da far passare anch’essi al vaglio consultivo degli organismi sopra richiamati, con l’aggiunta di un passaggio al Consiglio di Stato e all’approvazione finale della Corte dei Conti.
A seguire, infine, i decreti ministeriali di applicazione. Un iter articolato e complesso, e con tempi difficilmente comprimibili.

 

4. La prima tappa a settembre per un milione di alunni

Più di un milione di scolari delle prime due classi della scuola primaria a settembre daranno il via, con ogni probabilità, alla riforma varata definitivamente dal Senato. Questo se il ministro Moratti riuscirà nell’intento di far approvare i provvedimenti minimi necessari per questa partenza parziale della riforma.
Tanti sono infatti gli alunni previsti (e attesi con gli anticipi) in prima e seconda classe della nuova scuola primaria (ex-elementare) statale: 550 mila in prima (di cui 60-70 mila in anticipo), 500 mila in seconda. A questi vanno aggiunti altri 60 mila di scuola paritaria.
Saranno coinvolte più di 53 mila classi di scuola primaria e quasi 2 mila di scuole paritarie, distribuite in circa 16.250 plessi scolastici statali e 1.330 paritari.
Dirigenti scolastici e collegi dei docenti saranno coinvolti nel processo graduale di riforma che, per gli aspetti organizzativo-gestionali e di programmazione, riguarderà poco meno di 6 mila istituzioni scolastiche statali (circoli didattici e istituti comprensivi) e meno di 2 mila paritarie. Oltre 100 mila i docenti che si troveranno per primi ad applicare la riforma sin dal prossimo anno scolastico.
Con la riforma c’è anche il problema dei libri di testo da cambiare, ma per settembre non vi sarà ancora alcun cambiamento editoriale. Gli insegnanti nei prossimi mesi sceglieranno solamente per la classe prima, in quanto il testo per la seconda classe resterà quello già adottato lo scorso anno.
Dal 2004 le adozioni riguarderanno invece libri di nuova produzione editoriale che saranno adottati per la prima classe (che fa vita a sé, come primo anno della primaria) e per la seconda e terza classe (che formano il primo periodo biennale della scuola primaria).

 

5. Prima di tutto gli anticipi/1: nella primaria per 89 mila bambini

Nella legge di riforma l’unica norma immediatamente operativa è quella degli anticipi di iscrizione, mentre per tutto il resto occorrerà attendere i decreti legislativi delegati.
Come annunciato dal ministro, verranno riaperte le iscrizioni con una nuova circolare che, con tutta probabilità, verrà emanata non appena la legge di riforma sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale.
Per circa 180 mila famiglie italiane che hanno figli che compiranno l’età di tre o sei anni entro il 28 febbraio 2004 si apre un dilemma: approfittare della possibilità offerta dalla legge oppure continuare a seguire i tempi d’iscrizione canonici (a tre anni nella materna e a sei nella primaria)?
Degli 89 mila potenziali anticipatari per la scuola primaria, una quota di circa 6 mila bambini sceglierà la scuola paritaria e gli altri 83 mila la statale. Di questi ultimi un certa quota, difficile da quantificare (10 mila? 13 mila?), è già stata iscritta in barba alle disposizioni, confidando nell’approvazione della legge. Per gli altri 70-73 mila che restano è l’ora della scelta.
Data l’assoluta novità di questo istituto normativo dell’anticipo, è difficile prevedere il livello di adesione delle famiglie. Probabilmente per questo primo anno potrà esserci un’adesione del 60-70% (risorse finanziarie permettendo), mentre negli anni successivi, superata la condizione di straordinarietà, la decisione potrebbe gradualmente rientrare nelle scelte ordinarie della famiglia italiana.
Ciò potrebbe significare che “l’onda anomala” degli anticipi, anziché essere frantumata in due anni, potrebbe protrarsi per altri due o tre anni con effetti meno dirompenti sugli organici delle classi.
In Europa l’Italia non è sola nell’anticipo, perché l’obbligo comincia a quattro anni nell’Irlanda del Nord, nei Paesi Bassi e in Lussemburgo, a cinque in Inghilterra e in Scozia, a cinque anni e mezzo in Grecia. Di diversa idea i paesi scandinavi, nei quali l’obbligo inizia tra i sei anni e mezzo e i sette.

 

6. Prima di tutto gli anticipi/2: nella scuola dell’infanzia per 91 mila bambini

Nove bambini su cento trovano attualmente posto all’asilo nido. Gli altri 91 stanno a casa, seguiti, se i genitori sono al lavoro, dalla baby sitter, dalla nonna, da altri familiari.
Gli asili nido in Italia, pubblici e privati, secondo un’indagine di tre anni fa, erano poco più di 3 mila con una potenzialità ricettiva di circa 130 mila posti (i bambini in età zero-due anni sono più di un milione e mezzo). Ma sembra che l’attenzione verso questa fascia di età stia crescendo: la legge finanziaria 2003 ha previsto finanziamenti per gli asili nido, la Finanziaria 2002 un sostegno a favore dei mini-nido in azienda, la riforma Moratti apre con cautela le scuole dell’infanzia ai piccoli di età inferiore ai tre anni.
Sono circa 91 mila i bambini che compiono tre anni entro il 28 febbraio 2004 e che potrebbero sfruttare la possibilità offerta dalla legge di entrare anzitempo nella scuola dell’infanzia. Ma è bene ricordare che, a differenza dell’anticipo nella scuola primaria, questo della scuola dell’infanzia è sperimentale e non garantito a tutti. Occorre, comunque, il preventivo benestare dei Comuni che debbono fare i conti con i limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità.
Se questo primo esperimento di anticipo funzionerà, nel 2004 la possibilità di anticipare l’ingresso alla scuola dell’infanzia potrebbe essere estesa ai nati a tutto il 30 aprile (circa 182 mila bambini).
Se ciò non si verificherà, potrebbero esserci contraccolpi negativi sugli organici della scuola dell’infanzia, in quanto il ridotto ingresso non compenserebbe la consistente uscita di bambini che entreranno in anticipo nella scuola primaria.

 

7. Obbligo scolastico: s’accorcia o si allunga?

L’ultimo comma della legge di riforma prevede che la legge n. 9 del 1999, che aveva innalzato in via transitoria l’obbligo scolastico di un anno (da otto a nove anni) e – a seguito dell’entrata in vigore della legge di riforma n. 30/2000, anch’essa cancellata – fino a 10 anni, è abrogata. Da qui l’accusa di parte dell’opposizione e di alcuni sindacati che la riforma ha fatto un passo indietro, abbassando l’obbligo scolastico di un anno.
Ma cosa dice il testo di legge? Dispone che l’obbligo scolastico previsto dalla Costituzione venga ridefinito e ampliato (art. 2, comma 1, lettera c) e che il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione abbia una durata di almeno dodici anni (art. 2, comma 1, lettera c). Nel medesimo testo si prevede che tale dovere venga sanzionato per legge in caso di inadempimento.
Cambia dunque la terminologia: l’”obbligo” viene definito “diritto-dovere”. Cambia anche la durata: gli attuali nove anni diventeranno gradualmente dodici.
Il nuovo itinerario scolastico e formativo si snoderà inizialmente nel sistema d’istruzione (primo ciclo, fino alla terza media), e poi nel secondo ciclo con la scelta di proseguire nel sistema d’istruzione di uno degli otto licei previsti oppure nell’istruzione e formazione professionale regionale. Totale almeno dodici anni, con uscita dal diritto-dovere a 18 anni o con il conseguimento di una qualifica professionale.
E’ fondata però la preoccupazione che, se i decreti legislativi non dovessero sanare subito il vuoto delle leggi abrogate, si potrebbe determinare un ritorno all’obbligo scolastico di soli 8 anni, per lo meno nel prossimo anno scolastico.

 

8. Istruzione e formazione professionale: un matrimonio difficile

Uno degli aspetti dirompenti della riforma è certamente quello del nuovo sistema di istruzione e formazione professionale, seconda gamba del ciclo superiore del sistema educativo nazionale.
Il drastico cambiamento, prima ancora che effetto della riforma Moratti, è conseguenza della modifica costituzionale dell’art. 117 votata dal precedente Parlamento e confermata dal referendum popolare dell’ottobre 2001.
Gli attuali istituti professionali statali dovrebbero passare nel nuovo sistema di istruzione e formazione professionale di competenza regionale.
Attualmente i professionali statali accolgono quasi un quarto dell’intera popolazione studentesca delle superiori: 560 mila studenti, distribuiti in 480 istituti, differenziati in almeno 14 indirizzi.
Vi insegnano 54.772 docenti statali che, in mancanza di garanzie sulla conservazione delle attuali condizioni di stato giuridico, avrebbero già la valigia pronta per passare sul treno nazionale dei licei e non passare alle dipendenze delle Regioni.
Nelle grandi manovre in corso per definire il sistema dei licei, sembra esserci la voglia di recuperare nel liceo tecnologico e in quello economico molto “patrimonio di famiglia” (cioè gran parte dell’istruzione professionale e di quella tecnica).
Nel nuovo sistema regionale dovrebbe entrare anche la formazione professionale, già di livello regionale e a gestione mista (se ne occupano più di 14 tipologie di enti) che accoglie annualmente, per la formazione professionale di base, circa 108 mila ragazzi che escono dalla scuola dell’obbligo.
Portare a sistema la nuova istruzione e formazione professionale sarà difficile e complesso, a cominciare dalla necessaria trattativa che lo Stato dovrà avviare con le Regioni, alcune delle quali (come l’Emilia-Romagna) hanno già alzato il tiro in materia, ad esempio, di diritto-dovere dei ragazzi (l’ex-obbligo) che dovrebbe trovare adempimento in questo secondo canale.
Si tratta di una questione cruciale, perché l’ipotizzata possibilità di cambiare indirizzo e di consentire i passaggi dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della formazione professionale e viceversa potrà essere rispettata solo se i due sistemi avranno una pari dignità di contenuto.

 

9. Cosa cambia, grado per grado di scuola

 

Scuola dell’infanzia

È forse il settore che dovrebbe subire meno modifiche, fatta salva ovviamente l’innovazione delle ammissioni (e delle uscite) anticipate.
La legge delega conferma sostanzialmente gli attuali principi fondanti della scuola dell’infanzia e ne prevede la generalizzazione sul territorio nazionale per consentire la frequenza a tutti i bambini in età. Attualmente il sistema scolastico integrato (scuole pubbliche e scuole paritarie) assicura già la scolarizzazione del 95-97% dei bambini in età. Offrire il servizio per l’infanzia a tutti, anche nelle grandi città dove vi sono liste di attesa, è l’obiettivo che resta da conseguire.
Le possibili modifiche ordinamentali che potranno essere inserite nei decreti legislativi sono in buona parte note dal testo delle “Indicazioni nazionali” per il settore dell’infanzia.
In particolare rapparesenta una novità la previsione di un diverso orario annuale delle attività educative rispetto a quello attuale.
In sede di iscrizione le famiglie avranno diritto di scegliere tra una gamma di moduli orari possibili (oggi l’orario lo fissa la scuola) quantificati in 1000, 1300, 1600 e 1800 ore annue.
Le “Indicazioni nazionali” parlano di orari annuali ma noi preferiamo tradurli in orari medi settimanali per facilitare il confronto.
Tra gli insegnanti viene prevista la figura del docente coordinatore per garantire azioni unitarie dei docenti delle diverse sezioni.
Viene prevista l’istituzione del portfolio per rilevare e documentare le esperienze formative più significative dei bambini.
Vengono previste attività laboratoriali per favorire i primi processi di conoscenza dei bambini nei diversi campi.
La scuola dell’infanzia viene individuato come momento cerniera tra i servizi per la prima infanzia (asili nido) e la scuola primaria, per sostenere la continuità dei processi formativi dei bambini.

Ecco il quadro delle modifiche per la scuola dell’infanzia

Scuola primaria

La scuola elementare cambia nome (si chiamerà scuola primaria) e va a costituire il primo segmento del primo ciclo di istruzione.
Cambia l’attuale ordinamento in molte parti, come si evince direttamente dal testo della legge di riforma, dalle “Indicazioni nazionali” e dalle “Raccomandazioni” pubblicate dal Miur nel novembre scorso.
Una prima novità viene dagli anticipi di ammissione alla prima classe di cui riferiamo in altra parte della rivista.
Gli attuali due cicli in cui è strutturata la scuola elementare (1° ciclo per la prima e la seconda classe; 2° ciclo per la terza, quarta e quinta classe) lasceranno il posto ai “periodi” (un primo anno iniziale e due periodi biennali successivi).
La nuova articolazione interna avrà effetto sulla valutazione degli alunni (passaggio da un periodo all’altro) e sull’adozione dei libri di testo.
Sulla valutazione viene introdotta una particolare verifica, coordinata anche dal Sistema nazionale, per il passaggio al periodo successivo.
L’esame di Stato è previsto solamente al termine del primo ciclo del sistema (terza media). Scompare quindi, dopo oltre un secolo, l’esame di licenza elementare.
Viene previsto per la prima volta uno strumento particolare che accompagna l’alunno nel suo percorso scolastico: il portfolio delle competenze individuali che comprende una sezione per la valutazione, un’altra per l’orientamento e una ancora per la raccolta di documentazione essenziale e significativa sulle esperienze formative dell’alunno. Lo strumento è destinato ad assorbire l’attuale scheda individuale di valutazione individuale dell’alunno.
Il tempo scuola viene sostanzialmente confermato: 30 ore di lezione a settimana e solo 27 in prima.
Anche il tempo pieno è confermato (nonostante qualcuno, che forse ha visto un altro film, si ostini da mesi a sostenere il contrario).
Cambia il team docenti già previsto dai moduli. L’équipe pedagogica è più strutturata sulla realtà del gruppo e della classe, ma, soprattutto, ha al proprio interno funzioni docenti diverse: il maestro tutor degli alunni e coordinatore del team, il maestro responsabile dei laboratori.
Vengono previsti laboratori per gruppi classe e gruppi di livello, di compito o elettivi, con l’individuazione di docenti responsabili di laboratorio.
Si accentua l’organizzazione dell’insegnamento per gruppi di alunni.

 

Ecco il quadro delle modifiche per la scuola elementare:

 

Scuola secondaria I grado

La scuola media riprende la sua vecchia denominazione di scuola secondaria di I grado e rappresenta il secondo settore del primo ciclo di istruzione.
Cambia anch’essa l’attuale ordinamento in alcune parti, come si evince direttamente dal testo della legge di riforma, dalle “Indicazioni nazionali” dal Miur nel novembre scorso.
Conferma negli insegnamenti il carattere di sistematicità delle discipline, ne prevede l’ampliamento con arricchimenti verso una seconda lingua comunitaria e l’alfabetizzazione informatica.
L’uso del portfolio diventa sistematico anche in questo settore.
Anche i docenti della classe trovano per la prima volta un collega che svolgerà nei loro confronti un’azione di coordinamento.
Come per la scuola primaria, questo docente coordinatore svolge anche la funzione di tutor nei confronti di tutti gli alunni della classe, coadiuvato, come nella primaria, dagli altri colleghi.
Vengono previste attività laboratoriali.
L’orario annuale delle lezioni viene ridotto di 90 ore complessive abbassando l’orario medio settimanale dalle attuali 30 ore (previste da 40 anni) a 27 e qualche minuto.
La scuola però ha l’obbligo di ampliare l’offerta formativa per altre 200 ore annue di attività, che gli alunni possono facoltativamente decidere di frequentare.
Viene introdotto per la prima volta l’obbligo di una quantità minima di frequenza di lezioni da parte degli alunni, presumibilmente con la conseguenza di non riconoscere valido l’anno per mancato raggiungimento del limite prefissato a 825 ore annue.
Il triennio della scuola viene articolato in un “periodo” biennale (prima e seconda classe) seguita dall’anno terminale.
La nuova articolazione interna avrà effetto sulla valutazione degli alunni (passaggio da un periodo all’altro) e sull’adozione dei libri di testo.
Sulla valutazione viene introdotta una particolare verifica, coordinata anche dal Sistema nazionale, per il passaggio al periodo successivo.
È previsto al termine della terza classe un esame di Stato, che vale per l’intero primo ciclo del sistema di istruzione e costituisce titolo di accesso al sistema dei licei e al sistema dell’istruzione e della formazione professionale.
Viene previsto per la prima volta uno strumento particolare che accompagna l’alunno nel suo percorso scolastico: il portfolio delle competenze individuali che comprende una sezione per la valutazione, un’altra per l’orientamento e una ancora per la raccolta di documentazione essenziale e significativa sulle esperienze formative dell’alunno. Lo strumento è destinato ad assorbire l’attuale scheda individuale di valutazione individuale dell’alunno.

Ecco il quadro delle modifiche per la scuola media

 

Secondo ciclo dell’istruzione

A differenza del primo ciclo dell’istruzione e della scuola dell’infanzia dove i principi generali della riforma sono già stati tradotti in “Indicazioni nazionali” che rendono più chiara e definita l’innovazione, per il secondo ciclo ci si deve per il momento accontentare delle linee generali, che comunque consentono un raffronto di massima con il sistema attuale.
Cambia anche qui la denominazione. Tutti gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado si chiameranno licei e si differenzieranno tra di loro per finalità e indirizzi.
Il secondo ciclo sarà però costituito non solo dal sistema dei licei ma anche dal sistema dell’ istruzione e formazione professionale che, per effetto della riforma del Titolo V della Costituzione, passerà alla competenza esclusiva delle Regioni.
Il doppio canale introduce una modifica strutturale all’intero sistema, prevedendo riconoscimenti incrociati dei crediti acquisiti nei due sistemi e passerelle reciproche.
L’esperienza di alternanza scuola-lavoro attuata in questi anni negli istituti professionali e in alcuni istituti tecnici viene proposta come sistema per tutti i licei.
L’obbligo scolastico viene ridefinito (e la legge del 1999 abrogata) e ampliato fino a 18 anni sotto forma di obbligo formativo.
Il sistema dei licei ha durata quinquennale e si articola al suo interno in due periodi biennali e in un anno finale conclusivo di completamento e approfondimento.
Il sistema di istruzione e formazione professionale ha durata quadriennale, con possibilità di un anno integrativo per accedere all’esame di Stato per l’accesso all’università.