Si torna a parlare di valutazione dei docenti … ed è subito rivolta!

Sulla valutazione dei docenti, riceviamo questa riflessione da Maurizio Parodi, che volentieri pubblichiamo.

Invitiamo altri lettori interessati a intervenire sul tema, o a offrire nuovi spunti di dibattito, a scriverci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

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Rammento il precedente, storico, del Ministro Luigi Berlinguer che azzardò una procedura di attribuzione dei compensi aggiuntivi basati sull’autocandidatura degli interessati, quindi di carattere volontario: sarebbero stati valutati solo i docenti che ne avessero spontaneamente fatto richiesta, senza alcun rischio di sanzione o bocciatura, ma con la sola possibilità di ottenere un riconoscimento positivo. Difficile ipotizzare una modalità di apprezzamento del merito professionale (giammai del demerito) più blanda e compiacente; eppure la subitanea reazione dei docenti (e delle rappresentanze sindacali) costrinse il Ministro a una ritirata ignominiosa che ne determinò le dimissioni.

Sappiamo quanto sia delicata, insidiosa e controversa la materia (e le possibili, scabrose, declinazioni che potrebbero darsi in terra italica), ma non è sensato, né decente un “servizio” scolastico che preveda la valutazione degli studenti e dei dirigenti scolastici, ma non dei docenti, la risorsa primaria del sistema, i depositari di poteri cruciali (di promozione e interdizione), i titolari di una libertà quasi illimitata (costituzionalmente protetta). Sono per la gran parte i docenti a “fare” la scuola; sono loro i riconosciuti artefici del cambiamento o i severi custodi della tradizione (anche più retriva); i paladini dell’innovazione o gli strenui difensori dell’immobilità; i promotori o i guastatori dell’offerta formativa; eppure non si intende procedere ad alcun tipo di valutazione delle scelte professionali di chi, più di ogni altro, determina la qualità della scuola.

Ne riparla l’ennesima “Riforma” (annunciata), ipotizzando una valutazione interna e soltanto “positiva”, da “valutare”, sempre che gli interessati siano disposti a discuterne, e proporre modifiche o alternative anche radicali. Certo, limitarsi a valutare studenti e dirigenti per ciò che i docenti fanno (bene o male) o non fanno nelle loro classi è tanto più comodo, soprattutto per chi si limiti a un insegnamento burocratico, mortificante, punitivo, il cui operato è del tutto indistinguibile dall’impegno, persino eroico, dei colleghi più preparati, sensibili e volenterosi.

Maurizio Parodi