Quello che il contratto non dice

141 articoli, 11 tra tabelle e allegati, raccolti in 529 pagine che comprendono anche tantissime note di riferimento legislativo e contrattuale e i vecchi contratti coordinati e raccolti. Sono i dati del contratto della scuola sul quale le parti hanno trovato un’intesa.
Una mole di norme che sembra dare risposta a tutto. È così?

Di certo non lo si può definire un contratto di svolta, di scelte innovative. Sembra piuttosto un contratto che potenzia e razionalizza l’esistente, un contratto di conservazione, quasi di attesa. E non mancano alcuni vuoti clamorosi.
A cominciare dal mancato obiettivo dei livelli retributivi europei che, grazie ai non disprezzabili incrementi retributivi del contratto, sono ora meno lontani, ma di là da venire. In effetti l’atto di indirizzo con il quale la trattativa è partita parlava di “riallineamento graduale”, ma mentre l’Italia si avvicina gli altri Paesi non restano in attesa.

Quel che è mancato del tutto, invece, è stato il contestuale riallineamento ai livelli di prestazione (carichi di lavoro, orari, ecc.). Gli orari di servizio non sono stati toccati e l’organizzazione del lavoro non ha subito sostanziali modifiche. Qui l’Europa resta lontana.

Ben più clamoroso è tuttavia il mancato incontro tra contratto e riforma. Il primo ha ignorato la seconda, perché non vi è nel testo contrattuale nulla di specifico e intenzionale che vada a diretto sostegno dell’innovazione indotta dalla riforma Moratti, come invece avvenne quattro anni fa con il CCNL del 26 maggio 1999 a sostegno della riforma, allora imminente, dell’autonomia scolastica.

Un altro vuoto significativo riguarda il nuovo ruolo del dirigente scolastico che avrebbe dovuto trovare attuazione per la prima volta anche all’interno del contratto degli insegnanti, dopo il recente riconoscimento contrattuale della dirigenza.
Ma alla fine il lungo braccio di ferro si è risolto a favore della “base”.

L’argomento è sviluppato nello Speciale contratto di Tuttoscuola (vedi homepage).